Via i vigilantes dai campi nomadi Il Comune manda i «gladiatori»
Cambiail servizio di guardiania ai sette campi nomadi autorizzati della Capitale:Camping River, via Candoni, Castel Romano, via Gordiani, via Salone, Camping Nomentano e Lombroso. Fino al 29 febbraio lo gestivano tre istituti di vigilanza: Urbe, Città di Roma e Italpol. Dal giorno dopo è passato nelle mani del Campidoglio. E precisamente in quelle di Risorse per Roma, società nota perché si occupa di gestione immobiliare e progettazione territoriale. E che ora ha ampliato l'elenco delle sue attività con il portierato dei campi nomadi. I «portieri» non potranno chiedere documenti, non potranno perquisire. Potranno solo controllare che l'identità di chi vuole accedere al campo corrisponda a quella dei soggetti censiti nell'insediamento. Se ci sono problemi di sicurezza devono chiamare polizia o vigili urbani. Chi sarà in divisa?Sono 84 vigilantes, tutti del settore, alcuni dei quali «gladiatori» dell'ex Ancr Urbe, coloro che nel 2009 salirono sul Colosseo. Tutti provenienti dalle liste di mobilità, ora assunti con un contratto a un anno. Dal Comune gongolano: a fare bene i conti, il cambio gestione dovrebbe portare un risparmio notevole: da 27 a 18 euro all'ora. In totale, oltre 500 mila euro. Ma non solo. L'altro taglio ai conti viene da un trucco fiscale: assumendo chi da tempo era in cassintegrazione, Risorse per Roma non versarà un euro di contributi Inps. Li pagherà lo Stato. Insomma, l'operazione vale almeno mezzo milione, un tesoretto che resta nelle casse pubbliche e non va a finire in quelle dei tre istituti, ultimamente con un contratto rinnovato di mese in mese e terminato con un semplice avviso orale. Ora Urbe, Italpol e Città di Roma soffrono. E i loro dipendenti tremano. Prima della fine rapporto, chi ha assistito alle trattative riferisce che le sigle di vigilanza avrebbero ricevuto la proposta di continuare a svolgere il servizio ma senza armi nella fondina, abbassando le tariffe e aumentando «l'integrazione» coi nomadi, come suggerito dal Consiglio di Stato nella sentenza dello scorso anno che ha congelato il piano rom di Roma. Loro avrebbero risposto di non essere interessati e dal 1° marzo hanno cominciato a mettere in cassintegrazione il personale.