Indagini sulle multe ai Bernabei

Carte «segrete», dossier, documenti tirati fuori all'improvviso dal cassetto, interrogatori, denunce e controdenunce. Nell'inchiesta sulle presunte mazzette ai vigili urbani di Roma ogni giorno che passa aumentano gli «attacchi» tra chi punta il dito contro il Corpo e chi invece respinge le accuse con fermezza. E al centro il Campidoglio, che ha visto scoppiare una bufera giudiziaria nel suo «territorio». Da una parte, dunque, i fratelli Silvio e Paolo Bernabei, dall'altra gli agenti indagati e il comandante del Corpo Angelo Giuliani, che nei prossimi giorni sarà ascoltato come persona informata sui fatti. E a dover far chiarezza, la procura di Roma, che per ora ha ipotizzato il reato di concussione nei confronti delle cinque divise «infedeli» e di falso per un geometra. Ma le indagini sembra che stiano prendendo anche un'altra direzione oltre alle presunte tangenti che si sarebbero messi in tasca i vigili, pagate da commercianti e professionisti. Cioè quello delle multe che in 15 anni avrebbero preso i fratelli Bernabei. Sia con i mezzi intestati alle loro società, sia con le auto private. Ma cosa vuole chiarire la magistratura? Se quelle sanzioni, pari a oltre duemila contravvenzioni per aver varcato la zona a traffico limitato, per aver guidato senza cinture o per aver transitato sulle corsie preferenziali, siano state elevate dai vigili urbani per intimorire gli imprenditori trasteverini. Il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il pubblico ministero Laura Condemi, avrebbero intenzione di verificare se queste multe erano state elevate per fare «pressioni» sulla famiglia Bernabei. Intanto per le presunte mazzette nei prossimi giorni sfilaranno in procura anche commercianti e forze dell'ordine come persone informate sui fatti. Come il comandante dei vigili urbani Giuliani, che ha denunciato il furto di quattro hard disk e due computer portatili dal circolo sportivo del Corpo sabato scorso. Nei pc e nelle memorie informatiche ci sarebbero i file contenenti la contabilità della struttura e le sponsorizzazioni da parte di privati. Di questo materiale l'alto ufficiale del Corpo avrebbe una copia. E la procura avrebbe infatti intenzione, quando lo convocherà, di chiederne a sua volta una copia. Secondo quanto emerso dal palazzo di Giustizia, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che ha incontrato i magistrati due volte in pochi giorni, non avrebbe per ora consegnato documentazione utile alle indagini, ma si sarebbe limitato a un incontro istituzionale con i pm ai quali ha espresso preoccupazione per il Corpo dei vigili urbani. Infine c'è il filone dell'imprenditore palermitano Vincenzo Conticello, che ha denunciato la presenza di una «mafia» delle licenze nel centro storico della città eterna, sostenendo di essersi imbattutto in due presunti vigili urbani che gli avrebbero chiesto denaro per la licenza di un locale da affittare. «Mi hanno detto che avrei potuto ottenere tramite altri amici loro, altre autorizzazioni. Bastava versare 130-150 mila euro. Senza fattura, ovvio. Solo il 15-20 per cento sarebbe stato versato tramite assegni. Ma io venivo da Palermo, a quel punto ho capito e ho risposto con un no secco. Erano probabilmente l'ultimo anello di una catena», ha spiegato Conticello. Su queste accuse la procura sta valutando se ipotizzare il reato di concussione, lo stesso reato che ha già portato all'iscrizione sul registro degli indagati dei vigili Antonio De Stefanis (quinto Gruppo), di Spartaco Pierotti (VIII Gruppo), Giancarlo Vicari (decimo Gruppo), Duilio Valente (XII Gruppo) e Giampiero Capitani che è in pensione.