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Banda della Magliana, torna in carcere l'ex boss Nicoletti

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Un'immagine d'archivio del maggio 1996 del cassiere della banda della Magliana Enrico Nicoletti mentre esce dal palazzo di giustizia di Perugia

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L'uomo del business della Banda della Magliana torna dietro le sbarre. Enrico Nicoletti, considerato il cassiere della sanguinosa organizzazione criminale al centro di trame e conflitti nella storia recente del Paese, da oggi dovrà scontare sei anni e sei mesi nel carcere romano di Rebibbia. I carabinieri gli hanno notificato ieri a casa, dove l'ex boss era già ai domiciliari, l'ordine di carcerazione per pene residue. Ma al solo arrivo dei militari nella sua casa a Tor Vergata, il "Secco", così era chiamato Nicoletti nella fiction Romanzo Criminale, si è accasciato davanti ai suoi stessi figli. dicendo di avere un malore. «Sono vecchio. Non voglio morire in carcere», è stata la reazione dell'ex affarista di 75 anni, un tempo imprenditore e costruttore che per decenni ha tessuto rapporti con criminali e personaggi politici. È stato subito portato all'ospedale di Tor Vergata e dopo alcuni accertamenti, durati circa sei ore, è stato dimesso dal Policlinico e portato nel carcere di Rebibbia, dove dovrà scontare con precisione sei anni e sei mesi. A portare in carcere l'ex boss è stato un provvedimento della Corte d'Appello per un cumulo di pene su vari reati per i quali Nicoletti era stato condannato in passato come usura, estorsione e rapine «con aggravanti della pluralità dei soggetti concorrenti». Il provvedimento è la conseguenza della conclusione del processo, denominato «Clan», in cui l'ormai 75/enne comparve insieme con un'altra trentina di persone accusate, a seconda delle posizioni, di associazione di tipo mafioso finalizzata all'usura, estorsione e riciclaggio. La Cassazione ha dichiarato definitiva la parte di sentenza inflitta a Nicoletti relativa all'accusa di associazione finalizzata all'usura (sei anni e sei mesi), mentre ha annullato con rinvio altre imputazioni. Il difensore di Nicoletti, Massimo Biffa, ha tentato inutilmente di ottenere che il suo assistito scontasse la pena presso il domicilio viste le condizioni di salute. Ma queste sono state ritenute compatibili con il carcere ed il boss è stato condotto a Rebibbia. «Non posso certo gridare allo scandalo - ha detto Biffa - ma nei casi in cui ci si trova in presenza di un 'giudicato parzialè la prassi suggerisce l'attesa della sentenza anche sulle questioni oggetto di rinvio da parte della Cassazione prima dell'emissione dell'ordine di esecuzione. Ma evidentemente per Nicoletti non è così». Per Biffa, quindi, è stata seguita una prassi anomala, l'ordine di carcerazione infatti è stato emesso prima che si completasse il giudicato delle imputazioni oggetto di rinvio: il penalista ha spiegato che la Cassazione, il 23 febbraio scorso, ha confermato la condanna di Nicoletti per due capi di imputazione, associazione per delinquere e usura, ha annullato con rinvio altre due-tre accuse ed annullato definitivamente tutte le altre imputazioni.  L'ex boss era già detenuto presso il domicilio, quando sono arrivati i carabinieri, per scontare tre anni inflittigli dalla magistratura umbra a conclusione di un procedimento in cui era accusato di calunnia nei confronti di due magistrati romani.  

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