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Umberto I, sospesi i dirigenti del Pronto soccorso

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L'entrata del pronto soccorso del Policlinico Umberto I a Roma

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Il caso della donna tenuta legata per quattro giorni al pronto soccorso dell'Umberto I di Roma provoca le prime clamorose conseguenze. Sono stati sospesi dalle funzioni per 90 giorni i due dirigenti del Dipartimento emergenza e accettazione (Dea) del Policlinico, finito sotto tiro per la vicenda della malata di Alzheimer legata a una barella nella cosiddetta 'piazzettà. Un caso nel quale gli ispettori del ministero della Salute hanno individuato ben 12 «criticità», tra cui il ritardo nella nutrizione e le mancate richieste di posto letto per il trasferimento della paziente. Il provvedimento di sospensione riguarda il direttore del Dea dell'Umberto I, Claudio Modini, e il coordinatore dell'area medica, Giuliano Bertazzoni. Lo ha deciso il direttore generale dell'Umberto I Antonio Capparelli dopo una riunione dei principali dirigenti sanitari di Roma e del Lazio con il governatore Renata Polverini. «Chi ha sbagliato deve pagare», ha detto Polverini, secondo la quale in vista del picco dell'influenza i pronto soccorso erano stati rafforzati e i problemi che si sono verificati sono stati «organizzativi». «Un'ingiustizia che andrà motivata - ha detto Modini sulla sospensione -. Ho sempre fatto tutto quello che era il mio dovere». Prima di essere sospeso aveva rettificato la versione circolata inizialmente. «La donna non era in coma - aveva detto -. Probabilmente c'è stato un errore di comunicazione tra i medici. Era completamente lucida e in agitazione psicomotoria e ieri è stata trasferita dal pronto soccorso al reparto di neurologia». E nelle corsie del policlinico romano c'è chi mormora che tutta questa bufera sia venuta fuori per screditare le professionalità dell'ospedale. Mentre il ministro della Salute Renato Balduzzi annuncia ispezioni dei carabinieri dei Nas nei pronto soccorso più problematici d'Italia, l'inchiesta su quelli romani - per ora senza indagati e ipotesi di reato - entra nel vivo. Oggi è stato sentito per quattro ore in procura il direttore della programmazione sanitaria della Regione Lazio, Ferdinando Romano. Si è parlato di "criticità", intense nel senso di situazioni difficili, secondo quanto trapelato dallo stretto riserbo imposto al colloquio. Romano è stato ascoltato come testimone dalle pm Elisabetta Ceniccola e Rosaria Affinito e avrebbe riferito anche sulle delibere della presidente Polverini, che ha l'incarico di commissario regionale alla sanità. Nei prossimi giorni sfileranno davanti ai magistrati i dirigenti dei principali ospedali della capitale, tra cui il San Camillo, le cui immagini con pazienti curati per terra hanno aperto il caso. L'inchiesta sembra puntare per ora sull'organizzazione dei reparti di pronto soccorso romani, condizionata dai tagli dei fondi alla sanità degli ultimi anni. I Nas in questi giorni completeranno il giro di ispezioni. Nel corso delle indagini potrebbero però essere presi in considerazione alcuni decessi sospetti verificatisi negli ospedali della capitale e del Lazio a seguito di presunti mancanze nella prima assistenza. La Commissione parlamentare sugli errori sanitari ne ha raccolti 25 in tutta Italia dall'aprile 2009, due dei quali a Roma. E mentre si moltiplicano le denunce di presunti casi di malasanità nei pronto soccorso di Roma, un medico del Dea dell'Umberto I riferisce di quattro infermieri aggrediti negli ultimi 10 giorni da pazienti o loro parenti inferociti per le attese.  

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