Al S. Camillo è normale curare i malati a terra

Renata Polverini passa al contrattacco. Le foto dei pazienti curati in terra al Pronto soccorso del San Camillo hanno colpito al cuore la governatrice che reagisce come un fiume in piena per difendere Aldo Morrone, il «suo» direttore generale per antonomasia, e non esita ad accusare la precedente amministrazione di avergli lasciato una sanità «piena di gente che rubava». Sulle foto diffuse da alcuni medici la Polverini esplode: «Qualcuno ha voluto inscenare qualcosa che non accettiamo». Alla luce delle ricostruzioni effettuate dalla struttura ospedaliera, secondo cui le due foto sarabbero state scattate rispettivamente il 9 gennaio e il 9 febbraio, la governatrice parla di «strana coincidenza. Qualcuno stava cercando di organizzare qualcosa. Questa vicenda ci insegna che non siamo tutte brave persone, che ci facciamo gli sgambetti. Pensare dal punto di vista politico di distruggere un sistema puntando sulla diffamazione delle strutture pubbliche è inaccettabile». Nel merito della questione la Polverini dice: «Se quel medico non avesse scelto quella pratica d'emergenza quella signora non sarebbe più con noi. Si è trattato di una prassi medica prevista, come ha ricordato Morrone, dalle linee guida dell'American health association». Nessuna presa di posizione invece sul costante affollamento del Pronto soccorso dell'ospedale sulla Gianicolense. Poi la governatrice parla della gestione della sanità e del San Camillo, dal quale provenie «parte importante» del debito: «Qui sono stati spesi 70 milioni di euro per investimenti non autorizzati, privi di copertura. Sono state acquistate apparecchiature elettromedicali con il parere contrario degli operatori sanitari. Apparecchiature che non servivano e che stiamo cercando di ricollocare in altri ospedali. Non accetto che gente come Morrone che lavora venga accusata ingiustamente. Da quando c'è lui il San Camillo ha avuto 18 medici in più», in deroga alle norme sul Piano di rientro relativemente alle quali «mi sono assunta la responsabilità». E ancora: «Abbiamo trovato una sanità piena di persone che rubavano e un buco di 1,6 miliardi. Da domani la priorità sarà tutelare la professionalità di chi lavora nelle strutture pubbliche, non accetto che persone perbene vengano accusate di questioni inesistenti e che invece hanno operato per risolvere i problemi che hanno trovato. I direttori generali, sanitari e amministrativi saranno nominati solo quando la Regione riterrà di potersi veramente fidare delle persone». Della questione San Camillo la Polverini ha informato il prefetto Pecoraro «chiedendo un rafforzamento, perché ritengo che sia diventato difficile l'esercizio professionale in questa struttura, non si lavora più in modo tranquillo». La Polverini poi ha diffuso le immagine dei padiglioni del Forlanini come sono stati trovati al momento del proprio insediamento. Erano stati occupati da 172 famiglie «che avevano le chiavi. Continueremo nella nostra battaglia contro gli sprechi. Il malcostume, le ruberie al San Camillo c'erano prima e non ci sono ora». Sui pazienti curati in terra Morrone spiega: «Si è trattato di una pratica molto diffusa che è quella del massaggio cardiocircolatorio: un intervento che deve essere effettuato nel giro di venti minuti al massimo dall'arresto cardiaco, pena la sopravvivenza del paziente. E per questo, può accedere che al Pronto soccordo su alcuni pazienti, se arrivano in gravi condizioni, possano essere praticati direttamente a terra, senza aspettare l'arrivo delle barelle». La Polverini conferma: i protocolli sono stati rispettati. Una tesi che non convince il capogruppo del Pd alla Pisana Esterino Montino che ha chiesto un Consiglio regionale straordinario sulla sanità: «Nella sua difesa dell'indifendibile, evocando chissà quali trame, la Polverini ammette che quella situazione al San Camillo si trascina da un mese. Era vergognosa il 9 gennaio così come il 9 febbraio. La conferma che il problema non è stato mai affrontato. Nessun protocollo prevede che per un massaggio cardiaco si utilizzi il pavimento. Quando questo accade vuol dire che i medici non hanno a disposizione i mezzi minimi necessari per svolgere il loro lavoro. Il professor Quirino Piacevoli, presidente del Consiglio regionale del Lazio dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, sottolinea che la distesa a terra dei pazienti è prevista solo per attacchi terroristici, terremoti, crolli di palazzi».