La Polverini alza la voce e attacca «Per fermarmi mi devono sparare»
«Noiandremo avanti, per fermarmi dovranno spararmi». Dunque, la Polverini, usa il pugno duro contro chi tenta di puntare il dito contro di lei contestandole di essere in parte responsabile delle gravi deficienze della sanità. Il presidente, intervenendo all'inaugurazione della sede di Città Nuove, a Ladispoli, ha quindi respinto al mittente gli attacchi, arrivati soprattutto dal centrosinistra, convinto che la sanità laziale si trova in ginocchio anche per cause da addebitare al governo della Polverini. «Eravamo rivoluzionari nel sindacato - ha continuato il governatore del Lazio - ora siamo rivoluzionari in Regione, dove sta succedendo quello che succede dopo vent'anni di sistema ingessato in cui si vogliono cambiare le cose. Oggi mi sento un kamikaze che esplode in un sistema regionale che resterà a chi vuole mantenere le cose come sono». In merito alle questioni sanitarie, Polverini ha aggiunto: «Meglio che ci attaccano, io auspico che lo facciano tutti i giorni, perché la gente ci ferma per la strada e ci dice di andare avanti, perché se ci attaccano vuol dire che stiamo facendo bene. Mi arrivano lettere di medici che spiegano perché oggi succedono queste cose. Mi arrivano email di sindacalisti che spiegavano cosa si stava organizzando al San Camillo, in occasione del programma de La7. Ma noi siamo così - ha aggiunto Polverini - ribaltiamo le situazioni. Quella schiena dritta che abbiamo dimostrato nel sindacato ora ce l'abbiamo in Regione, e chiederemo ai nostri candidati di avere lo stesso comportamento che abbiamo noi, quello che non piace alle lobby ma piace alla gente. Continueremo ad attaccare sempre più in alto, ed è per questo che ci vogliono fermare. Ma per fermarmi mi dovranno sparare, nessuno mi piegherà. L'assessore alla sanità del Veneto mi ha detto: "È vergognoso l'attacco che subisci, si capisce che accade perché stai facendo le cose bene". Noi in campagna elettorale abbiamo portato alla vittoria il centrodestra. Stiamo sulla barca - ha concluso - e se il comandante non abbandona la nave, la nave si riprende e si riparte. Quando il gioco si fa duro noi ci stiamo». E incisiva è l'inchiesta che è stata avviata dalla magistratura sui pronto soccorso della città. Non solo dei nosocomi già visitati dai carabinieri del Nucleo antisofisticazioni, San Camillo e Tor Vergata, ma tutti quelli sul territorio dei venti Municipi. E mentre i militari passeranno al setaccio gli ospedali, i magistrati Elisabetta Ceniccola e la collega Rosalia Affinito, in settimana inizieranno gli interrogatori dei vertici delle aziende sanitarie finite nel vortice della giustizia. Gli inquirenti romani, infatti, hanno intenzione di cominciare ad ascoltare chi gestisce i nosocomi, chi «è in alto». Questo perché, secondo i pubblici ministeri, va chiarito a monte come queste aziende siano arrivate a dover curare i malati sul pavimento oppure ad avere liste di attesa lunghe molti mesi, con evidenti disagi per i cittadini. Aldo Morrone, direttore generale azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini, ha già dichiarato di essere disponibile a incontrare gli inquirenti per cercare di fare chiarezza: «Ho dato la mia totale disponibilità alla procura di essere ascoltato, sono pronto a collaborare a 360 gradi - ha detto il dg del San Camillo - non ci sono assolutamente i problemi denunciati nei giorni scorsi. Le persone che in centinaia scelgono ogni giorno quest'ospedale lo fanno anche per la professionalità dei medici e delle strutture che dispone. Rispetto alla sanità nordamericana i livelli di mortalità in quest'ospedale nei casi di trauma e choc grave sono più bassi». E infine: «Sono contento che si possano prendere provvedimenti laddove ci sono calunnie».