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La Città dello Sport resta chimera

Il progetto della Città dello Sport

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Tor Vergata, Corviale, Parco fluviale e Tor di Quinto. Il gran rifiuto del presidente del Consiglio Mario Monti alla candidatura di Roma a ospitare le Olimpiadi 2020 porta con sé l'incertezza per il futuro di importanti aree della Capitale che vedevano nei Giochi un'occasione di rilancio e riqualificazione. La Città dello Sport di Calatrava resta il vero nodo da sciogliere. Senza Olimpiadi la società internazione - Nec Group International in associazione con Hrs Ltd - disposta ad accollarsi 380 dei 500 milioni necessari al completamento in cambio della concessione degli impianti per 25 anni e di 40mila metri quadri di spazi commerciali confermerà il proprio impegno? E in caso contrario, la cattedrale nel deserto di Tor Vergata verrà ultimata? E se sì dove verranno trovate le risorse necessarie? Difficile dare una risposta subito a una delle più grandi incognite legate al progetto Roma 2020. Il vicepresidente della Regione e assessore all'Urbanistica Luciano Ciocchetti sul tema è cristallino: «Sarebbe giusto aprire un profondo dibattito sui progetti degli archistar, non definitivi, che incidono negativamente su tempi e costi di realizzazione. Ora che la questione Olimpiadi 2020 è archiviata sarebbe giusto parlare di uno degli scandali più grandi della città: il famoso impianto sportivo di Tor Vergata. Ci sono architetti famosi che fanno opinione pur progettando opere di non facile gestione e realizzazione. Qui in Italia c'è il mito di far venire i grandi architetti italiani e stranieri che fanno progetti non definitivi che in corso d'opera vengono sottoposti a continue varianti. È successo con la Nuvola di Fuksas e con l'impianto sportivo di Calatrava. Credo ci siano grandi architetti meno noti comunque in grado di svolgere lo stesso lavoro anche in maniera più produttiva, facendo corrispondere i costi e i tempi previsti con la spesa finale. Il governo dovrebbe cambiare le norme per l'affidamento della progettazione e per far corrispondere il preventivo con il consuntivo, in particolare - conclude Ciocchetti - quello delle grandi opere». Restaranno sicuramente irrealizzati il Parco Fluviale e la riqualificazione di Tor di Quinto, due progetti legati a Roma 2020. Lì dovevano sorgere villaggio olimpico, centro stampa e impianti sportivi con evidente valorizzazione di tutta l'area. Così come resterà un bel sogno la riqualificazione di Corviale. L'addio alle ambizioni olimpiche frustra anche le aspettative degli imprenditori, che, secondo il presidente della Camera di Commercio Gancarlo Cremonesi, hanno vissuto «molto male» il no di Monti. «Non è il miglior messaggio che l'Italia manda al mondo, è un segnale di scetticismo. È una decisione che non incoraggia gli imprenditori e che dimostra che il Paese va verso il declino. Investimenti, indotto, svariati miliardi di crescita del Pil, occupazione, speranze per i giovani, infrastrutture si sono volatilizzate». Il presidente dei costruttori romani Eugenio Batelli non usa mezzi termini: «Il Pil di Roma con le Olimpiadi sarebbe aumentato del 3,8%. Gli effetti negativi di questa decisione sono elevatissimi. Le Olimpiadi erano l'occasione per risolvere le grandi carenze della mobilità capitolina e di tutto il sistema infrastrutturale. È un colpo durissimo». Il dossier olimpico coinvolgeva anche Fiumicino 2 (1,6 miliardi a carico dei privati) e le nuove metropolitane. Interventi che dovrebbero comunque proseguire il proprio iter.

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