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L'agente Spaccatorella voleva uccidere Gabbo

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Il papà: «Giustizia è fatta. Lo perdonerò? prima dica la verità». Il fratello: evitato il Far West

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Loha stabilito ieri la prima sezione della Cassazione che ha rigettato il ricorso dell'agente che l'11 novembre del 2007 sparò e ammazzò il tifoso della Lazio e dj romano alla stazione di servizio di Badia al Pino, vicino ad Arezzo. Il poliziotto dovrà dunque scontare nove anni e quattro mesi di galera per omicido volontario, con dolo eventuale, pena che era stata inflitta dai giudici di secondo grado. Questi avevano ribaltato la sentenza dei colleghi della Corte d'assise che avevano condannato Spaccarotella a sei anni di reclusione per omicidio colposo. Un'ipotesi di reato duramente contestata dai parenti del ragazzo, che quel giorno era in auto con alcuni amici quando è stato raggiunto dal proiettile mortale sparato da una distanza di 50 metri dal poliziotto. «Affronterò la situazione da uomo», ha detto il condannato appena è stato letto il verdetto. È stata quindi messa la parola fine a una vicenda cominciata sull'autostrada, direzione stadio Meazza, che «Gabbo» e quattro amici stavano raggiungendo per seguire la partita di calcio Inter-Lazio. In quell'occasione incontrarono all'autogrill un gruppo di tifosi juventini che stavano andando a Parma. Scoppiò una rissa, che si concluse in pochi istanti. A quel punto l'agente Spaccarotella urlò, poi vide l'auto con a bordo Sandri e gli amici che si allontanava. Sparò e uccise «Gabbo», che secondo gli amici stava dormendo nella vettura. Il poliziotto, che ha atteso la decisione dei giudici del Palazzaccio di piazza Cavour nella sua abitazione ad Arezzo insieme con la moglie, i figli e alcuni amici, si costituirà alle forze dell'ordine per essere chiuso in cella e scontare la pena che non si aspettava di dover scontare perché convinto che la Cassazione avrebbe accolto il suo ricorso. «Giustizia è fatta. È importante, non solo per noi della famiglia, che la sentenza di primo grado sia cancellata definitivamente», ha detto tra le lacrime per l'emozione Giorgio Sandri, il papà di Gabriele, appena usciti dall'aula. Quella era «una sentenza scandalosa, ma non abbiamo mai smesso di avere fiducia nella giustizia. E la giustizia è finalmente fatta. Perdonare Spaccarotella? Ci posso riflettere ma lui deve dire tutta la verità». «Al di là degli anni inflitti all'imputato la pena più grande ce l'ha la mia famiglia perché abbiamo perso Gabriele - ha detto invece Cristiano Sandri, fratello di Gabriele - a mio avviso è una sentenza giusta e in punta di diritto, è evidente che nell'azione che ha posto in essere Spaccarotella c'è il dolo eventuale, perché ha accettato il rischio di quello che poteva accadere, cioè la morte di chi era a bordo dell'auto e purtroppo di mio fratello Gabriele. Se fosse passata la tesi della sentenza di primo grado si sarebbe legittimato un Far West sulle strade». Far West che scoppiò invece la sera dell'omicidio, quando ci furono scontri con le forze dell'ordine e danni ai mezzi della polizia. In Cassazione ad assistere all'udienza c'erano anche una trentina di amici del tifoso laziale. Quando l'avvocato della difesa ha sostenuto la tesi del dito «rattrappito» (cioè il colpo è partito per sbaglio) il gruppo di ragazzi ha cominciato a parlare in udienza contestando quell'affermazione difensiva. Tesi che comunque non è stata accolta dai Supremi Giudici, secondo i quali l'agente Luigi Spaccarotella deve scontare la pena per omicidio volontario.

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