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Blitz nella villa fortezza Preso il boss di Primavalle

L'arresto sotto la neve

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«Bravi, mi avete preso. Voi fate il vostro lavoro, io il mio». Poi si è chiuso nel silenzio. Lui è il boss calabrese di via Andarsen, a Primavalle. Raffaele Mazza, 46 anni, è accusato di aver gambizzato Mauro Diofebo, colpito da arma da fuoco all'arteria femorale la sera del 29 maggio scorso, nella stessa strada. Il movente? Un parcheggio stradale conteso, non avrebbe portato il «giusto rispetto» al calabrese di Taurianova, nel Reggino, autoelettosi capozona. Raffale Mazza è stato arrestato ieri mattina presto nella sua villa bunker a Riano, già imbiancata dalla neve, alle porte della Capitale. Per i poliziotti della Squadra mobile di Vittorio Rizzi e del Commissariato Primavalle diretto da Domenico Condello non è stata un'operazione semplice. Prima Mazza si è rifiutato di aprire la porta d'ingresso. Poi ha tentato di fuggire da una finestra controllata dagli agenti: «Non ti conviene uscire da qui», gli hanno detto. Quando gli investigatori hanno fatto irruzione, Mazza era pronto a difendersi: indossava una cintura con coltelli e proiettili calibro 6,35 infilati nei foderi e altre due sono state trovate sul tetto durante i controlli della polizia. Sono calibro 9x21 e 6,35. Saranno oggetto di rilievi balistici per accertare l'eventuale coinvolgimento in alcuni recenti episodi di sangue. La casa era attrezzata come il covo di un superlatitante: telecamere all'esterno, vari monitor nel salone e la "sala regia" allestita in bagno. Nella villa non era da solo, c'erano due nipoti denuciati per favoreggiamento. Dopo la gambizzazione Mazza era sparito dalla circolazione. Aveva lasciato via Andersen e la città prendendo in affitto la residenza di Riano. E lì era rimasto forse in attesa che le acque si calmassero. Nonostante il clima di paura e omertà che  aveva avvolto la zona e reso difficile la ricerca di eventuali testimoni dell'agguato del 2011, le indagini di Mobile e Commissariato sono state serrate. Il calabrese sentiva sul collo il fiato degli investigatori. Un mese fa si pensava di averlo messo in trappola. Ma al momento del fermo i poliziotti si sono accorti di aver bloccato un'altra persona, Domenico Migale, di Soriano Calabro, considerato il luogotenente del boss di strada, trovato in possesso di due pistole. Mazza non è un delinquente di piccolo calibro, un malvivente che tira a campare. È un criminale entrato nel ruolo, che imponeva e pretendeva che fosse rispettato. Fino alla morte. Nel suo curriculum infatti c'è anche il precedente di un omicidio avvenuto nel gennaio 2005, reato però che non lo ha trattenuto dietro le sbarre. La vittima fu «er Fettuccina», al secolo Michele Iannelli, 40 anni. Un pregiudicato per reati di droga, conosciuto nella zona di Montespaccato, un tipo robusto, dal carattere aspro e non facile da trattare. Le indagini della Mobile scoprirono che l'azione violenta fu portata a termine da due persone. Una era Mazza. E allora, come per la gambizzazione del 29 marzo, i poliziotti accertarono che il motivo fu «una questione d'onore»: Iannelli aveva infastidito la donna di Mazza. Nel passato del calabrese c'è anche altro. La polizia ricorda l'attività di Mazza nel giro delle sostanze stupefacenti, il suo coinvolgimento nei grandi traffici svelati in un'operazione di anni fa che toccò anche il porto di Gioia Tauro, sempre in Calabria, grande porta d'accesso dei carichi di polvere bianca che partono dal Sud America e asbarcano nel Sud del paese per rifornire le piazze dello spaccio. Ancghe romane.

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