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Damiana Verucci I piccoli imprenditori non ce la fanno più.

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Nelgiorno della rielezione di Maurizio Flammini a presidente della Federlazio, i riflettori sono accesi sulla grave crisi del tessuto economico e produttivo. Migliaia sono i piccoli e medi imprenditori laziali che versano in difficoltà tali da non essere in grado di far fronte neanche ai pagamenti dei dipendenti. Un fattore, questo, che sta portando in qualche caso al suicidio. Flammini lo dice chiaramente mentre guarda i rappresentanti delle istituzioni seduti in prima fila: il sindaco Gianni Alemanno, il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, il vicepresidente della Regione Luciano Ciocchetti. «Siamo di fronte ad una crisi di natura strutturale che sta portando migliaia di imprese al fallimento e che spinge perfino gli imprenditori al suicidio. Non si può morire di lavoro, né abituarci all'idea che gli imprenditori siano indotti a togliersi la vita per l'impossibilità di far fronte ai propri impegni finanziari con dipendenti, fornitori, banche». Eccolo il problema numero uno. La mancanza di liquidità delle imprese che non si riesce ad arginare anche perché il sistema creditizio si è irrigidito. L'enorme credito che le imprese vantano nei confronti della pubblica amministrazione complica ulteriormente le cose. Si parla di una cifra enorme: dai 70 ai 90 miliardi, e la proposta del Governo di far fronte al debito con l'assegnazione di Titoli di Stato non sembra una soluzione al problema di liquidità delle aziende. Le imprese suonano dunque l'allarme sperando di essere ascoltate, una volta per tutte. Flammini ricorda il valore delle pmi come motore dell'economia romana e invita ancora una volta a unirsi per fare rete. Perché se una «colpa» si può trovare in chi sta cercando con fatica di questi tempi a mandare avanti l'azienda, è quella di non essere riusciti a fare sistema per presidiare con efficacia e allargare il proprio mercato evitando l'individualismo e l'autoreferenzialità. Le istituzioni, certo, possono fare molto. Ad esempio mettere sul tavolo iniziative che facciano nascere tanti e nuovi piccoli cantieri e dare respiro al sistema produttivo, come le Olimpiadi 2020, il piano casa regionale. Sulle Olimpiadi Flammini non ha dubbi: «Non si può discutere dell'opportunità o meno di candidare Roma. È un'occasione troppo preziosa che non va sprecata». Idea condivisa da Alemanno, da Ciocchetti, che definisce una «decisione sbagliata» quella di rimandare, eventualmente, la candidatura di Roma. Il piano casa, altra opportunità da cogliere. Ciocchetti rassicura sulle voci di fallimento, ad oggi, della legge regionale. «Sono state presentate circa 1.500 domande – fa sapere – ciò permetterà quest'anno l'apertura di migliaia di piccoli cantieri». Altra questione, quella dei pagamenti alle imprese, che impegna Alemanno ad un chiarimento: «Abbiamo pagato 350 milioni di euro alle imprese e siamo consapevoli che non basta. Ma il patto di stabilità deve essere modificato altrimenti avremo difficoltà perfino a mantenere l'attività sul territorio». Non è un modo per scaricare la responsabilità sugli altri, chiarisce il sindaco, ma «questo patto è una follia che siamo chiamati a smontare». Inevitabile affrontare anche il problema «burocrazia». Ce n'è troppa, sostiene il sindaco citando anche il «caso Colosseo». «L'idea di coinvolgere i privati nel restauro mi è venuta un paio di anni fa – racconta – e siamo ancora a discutere». Le imprese, però, non vogliono più soltanto stare a guardare. La Federlazio sta organizzando una grande fiaccolata in cui inviterà tutti gli imprenditori, i sindacati, i politici, a percorrere le vie di Roma, in particolare quelle in salita. Un percoso faticoso, come è oggi la vita di un imprenditore.

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