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Erica Dellapasqua «Prendi la tua libertà, nessuno te la darà»: non potevano trovare slogan più azzeccato gli indignados che ieri, per l'ennesima volta, hanno invaso la Capitale causando disagi al traffico e malumori tra i commercianti in una domen

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Solosabato, gli stessi ragazzi, si erano resi protagonisti dei tafferugli in piazza San Pietro, dove la Polizia Vaticana si è vista obbligata a intervenire con cariche di alleggerimento per allontanare i più esaltati dal presepe e dall'albero di Natale, che avevano cercato di scalare. Nonostante tre di loro siano stati denunciati, la lezione non è servita: anche ieri, infatti, in diversi hanno scavalcato i cancelli del Colosseo e si sono arrampicati sulla colonna dell'Immacolata a piazza di Spagna. La carovana di indignados, circa 200 giovani provenienti anche da Spagna, Inghilterra, Belgio e Francia, è partita da San Giovanni intorno alle 14. Una manifestazione di balli e danze che hanno battezzato «Carnevale del sistema», una sorta di sfilata «per sbeffeggiare i personaggi che vorremmo cambiare». Tra le maschere quelle di Monti, Merkel e Sarkozy, poi clown, pagliacci, altri punkabbestia hanno partecipato invece con birra e cani senza guinzaglio. Il serpentone è transitato per via Merulana, via Labicana, via dei Fori Imperiali. Qui, un drappello di giovani si è staccato dal corteo per raggiungere il Colosseo, saltare la recinzione e improvvisare quelle che loro chiamano «azioni di sensibilizzazione anticapitaliste» tra i turisti. Richiamati dai compagni, la marcia è continuata lungo via del Tritone, via dei Due Macelli, piazza Venezia fino a piazza di Spagna, dove sono nati parapiglia con le forze dell'ordine quando alcuni giovani hanno cercato di arrampicarsi sulla colonna dell'Immacolata. Alla fine gli animi si sono placati e gli indignados sono approdati in piazza del Popolo, occupata per almeno due ore. «Souvenir» del loro passaggio, decine di adesivi e manifesti affissi su muri, banche e monumenti e qualche incursione nelle attività commerciali, come al McDonald's di piazza Mignanelli: «Coupable» (colpevole), hanno gridato alcuni francesi ai clienti del fast-food, ignari di quello che gli veniva «rimproverato». In tilt, nel frattempo, il traffico nel centro storico, specie tra corso Vittorio, via del Corso, largo Argentina, piazza Venezia e Fori imperiali. A causa della manifestazione, infatti, la polizia locale è stata costretta a interdire il passaggio dei mezzi in via del Corso, deviando i bus su via Nazionale. Si sono quindi avuti ritardi sulle corse e rallentamenti del traffico, bloccato di volta in volta al passaggio del corteo. Una situazione intollerabile per il sindaco Alemanno, che ha invocato «un immediato e tempestivo intervento per fermare 200 persone che scorrazzano per la città», mettendo l'accento sul fatto che «questa è una manifestazione non autorizzata che sta creando problemi in vari punti della città. Non basta autodefinirsi indignados per poter bloccare impunemente strade, fare incursioni nel Colosseo, creare difficoltà e fastidi ai cittadini romani». In serata, il ritorno a San Giovanni, nell'accampamento anch'esso non autorizzato e già oggetto di critiche da parte dei residenti, alcuni dei quali hanno chiesto a più riprese l'intervento delle forze dell'ordine: «I miei clienti si lamentano molto – dice il gestore del bar Johnatan, davanti alla piazza – fanno confusione, non è bello che stiano vicino ad una chiesa così importante». Preoccupata anche l'edicolante: «Loro sono tanti, io da sola». Intenzione degli indignados è quella di restare davanti alla Basilica almeno fino a giovedì, quando alcuni di loro riprenderanno la marcia internazionale Atene-Nizza. Quanto alla componente romana del gruppo, resta da stabilire cosa fare: se restare a San Giovanni oppure tornare alle Terme di Caracalla, zona ancora occupata da alcuni indignados «dissidenti», per lo più stranieri (senegalesi, marocchini, slavi) e senza fissa dimora, che hanno deciso di non seguire i compagni «perché stiamo bene qui, ormai è la nostra casa, e poi, a differenza degli italiani, non avremmo un altro posto dove andare a dormire».

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