C'è la pista dell'istigazione al suicidio
Istigazione al suicidio. La procura di Roma batte la nuova pista per spiegare la morte di Mohamed Nasiri, ritrovato domenica mattina impiccato all'arco di un casolare abbandonato al chilometro 14 di via di Boccea, scoperto da quattro ragazzi giocatori di «soft air», gioco di guerra con armi ad aria compressa. Il marocchino di 30 anni era uno dei due rapinatori-killer di padre e figlia cinesi, uccisi a Tor Pignattara la sera del 4 gennaio. Sarà l'autopsia prevista per oggi a dare l'esito chiarificatore delle cause del decesso. Il pm ha affidato il test autoptico al professor Paolo Procaccianti, lo stesso che esaminò a suo tempo il cadavere di Giovanni Falcone e che fu coinvolto anche negli accertamenti sulla morte del presidente del vecchio Banco Ambrosiano, Roberto Calvi. Ieri è stata eseguita una lastra «total boby», che dà la visione totale del corpo, per rilevare eventuali tracce di corpi estranei nella salma del nordafricano, facendo una prima zoomata sulla ferita alla guancia sinistra del marocchino. Sarebbe una ferita lacerocontusa che è stata ricucita, quindi non accrediterebbe l'ipotesi del «suicidio assistito». La costruzione diroccata fa parte di un complesso di quattro caseggiati nella tenuta Federici, alle spalle della chiesa di S. Maria di Loreto. Il parroco don Antonio ha benedetto il corpo del marocchino passato poi al setaccio dalla sezione Rilievi del Nucleo investigativo di via In Selci. Il nordafricano in tasca aveva il telefono cellulare e gli scontrini: della corda comprata da un ferramenta di Val Melainia, e di latte e pane in cassetta. A terra le bustine di veleno per topi acquistate dallo stesso ferramenta, e una pioggia di pallini da soft air. La morte risalirebbe a quattro giorni prima della scoperta. Nel posto un tempo si svolgeva attività agricola e di allevamento. Ci sono travi alle quali sono attaccati diversi ganci. E a uno di questi si è suicidato il marocchino pregiudicato per furto e ricettazione. Del resto per lui non dovrebbe essere stato difficile raggiungerli. Nasiri era alto un metro e 87 centimetri. Nel vano ci sono barili e porte che consentono l'accesso ai vani comunicanti tra loro. Sia gli uni che le altre possono essere stati facili appoggio per fissare la corda al piolo mortale. Carabinieri e procura sono convinti che si sia trattato di un suicidio, ma non vogliono escludere l'altra ipotesi, l'istigazione da parte di altri, la tesi più suggestiva. Immaginare i cinesi giustizieri fai-da-te dissolverebbe in fretta l'alone di mistero che avvolge la morte del marocchino e potrebbe dare a tutto un diverso senso, quello delle vendetta riuscita. Assieme al complice, Nasiri era braccato senza sosta dalle forze dell'ordine. I cinesi lo avrebbero trovato per primi, avrebbero minacciato il marocchino dicendogli o ti uccidi ed esci di scena con un briciolo di "onore" o lo facciamo noi. Quindi, lo avrebbero costretto a comprare la corda al ferramenta, fuori mano rispetto a Tor Pignattara, dov'è avvenuto il duplice omicidio. Dove la vittima Zhou Zeng a poca distanza lavorava al money transfer di via Bordoni. E la moglie Zheng Lyan gestiva il bar in via Tempesta. E ancora. L'istigazione al suicidio risponderebbe all'ultimo mistero: come ha fatto il marocchino a raggiungere quel casolare, così isolato e distante da Tor Pignattara?