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"Marrazzo chiede i danni all'Arma"

Piero Marrazzo

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Il ministero della Difesa e dell'Interno potrebbero entrare nel procedimento sulla presunta estorsione a Piero Marrazzo. Non come parti offese, ma per pagare i danni all'ex presidente della Regione Lazio. Contro i due dicasteri ha puntato il dito il difensore del giornalista della Rai, l'avvocato Luca Petrucci, che ha sostenuto che i carabinieri imputati, all'epoca dei fatti, esercitavano la funzione di pubblici ufficiali. Ieri c'è stata un'udienza davanti al giudice dell'udienza preliminare Massimo Di Lauro, che ha rinviato il procedimento al prossimo 23 gennaio, poiché sono emersi due difetti di notifica. La vicenda che ha fatto finire in un'aula di giustizia, come parte offesa, l'ex governatore del Lazio, è quella scoppiata nell'ottobre del 2009, quando venne alla luce il presunto ricatto compiuto il 3 luglio dello stesso anno ai danni del giornalista. Marrazzo, infatti, fu sorpreso da carabinieri nell'abitazione del transessuale Natalì (il vero nome è Josè Silva Vidal), in via Gradoli, in camicia e senza pantaloni. In casa, secondo quanto accertato dalla procura, entrarono Luciano Simeone e Carlo Tagliente, irruzione che per gli inquirenti era stata stabilita insieme al collega Nicola Testini, che in quel momento si trovava a Bari in ferie. Una volta nel piccolo appartamento sulla Cassia, i militari girarono anche un filmato con il cellulare, riprendendo anche alcune strisce di cocaina su un comodino. Poi si sarebbero impossessati di 5000 euro in contanti dell'ex presidente e si sarebbero anche fatti consegnare tre assegni per un importo complessivo di 20 mila euro. Contro i carabinieri hanno annunciato la costituzione di parte civile anche i difensori di Natalì, di Giuseppe Genco (accusato falsamente di aver nascosto in auto un po' di cocaina), l'avvocato dello Stato per conto del ministero della Difesa e i familiari di Cafasso. Al carabiniere Testini è stata contestata anche l'accusa di omicidio volontario pluriaggravato in riferimento alla morte dello spacciatore dei transessuali Cafasso, avvenuta tra l'11 e il 12 settembre del 2009 in una camera dell'hotel Romolus, che si trova in via Salaria, mentre era in compagnia del transessuale Jennifer. Secondo il procuratore reggente Giancarlo Capaldo e il sostituto procuratore Rodolfo Maria Sabelli, Testini, «al fine di procurare a sè e ai suoi complici Simeone e Tagliente l'impunità, cagionava la morte di Cafasso cedendogli un quantitativo di sostanza stupefacente consistente in una miscela di eroina e cocaina. Con le aggravanti di avere agito con premeditazione e col mezzo di sostanza venefica», è scritto nel capo d'imputazione. Ma non finisce qui. Sempre secondo gli inquirenti, i militari Testini, Tagliente e Simeone si sono associati per compiere perquisizioni illegali tra la Cassia e Trionfale al fine di sequestrare droga o mettere a segno rapine. Si tratta di una serie di «colpi» avvenuti tra il 2004 e metà del 2009. Oltre ai carabinieri, sono imputati anche tre piccoli spacciatori (Emiliano Mercuri, Massimo Salustri e Bruno Semprebene), e lo stesso transessuale Natalì, al quale la magistratura ha contestato due episodi di detenzione e cessione di stupefacenti.

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