Per l'ippica non ci sono più soldi
Giovedì manifestazione sotto Montecitorio degli operatori da tutta Italia
MarioCatania, ministro delle Politiche Agricole da cui dipende il mondo del cavallo, una certezza agli scioperanti del trotto e galoppo (da Capodanno bloccano le corse nei 44 ippodromi e occupano da lunedì la sede dell'Assi ex-Unire a Via Cristoforo Colombo) l'ha data: «Fermare le corse non serve. Nel Paese stiamo tagliando i servizi essenziali e introducendo oneri molto pesanti con una manovra da 70 miliardi. Interventi di carattere finanziario a sostegno dell'ippica sono da escludere, anche per il difficilissimo momento che sta vivendo l'Italia». In una conferenza stampa dai toni asciutti tenuta nel dicastero di via XX Settembre, Catania (romano, 60 anni, dal 1972 ha lavorato per un lungo periodo, dopo la laurea, come commissario delle corse a Capannelle e redattore della rivista dei Giovani Ippici) ha analizzato la situazione del settore e delle scommesse sui cavalli: «Il comparto vive una forte crisi che si concretizza in alto calo delle puntate per la concorrenza di altri giochi un tempo inesistenti. Ora il 2% di quelle totali in Italia. Altro fattore è che trotto e galoppo non sono stati capaci di trasmettere all'opinione pubblica correttezza e qualità, indispensabili in ogni spettacolo». La ricetta del ministro per uscire dalla crisi è: riguadagnare credibilità presso il pubblico; rivedere con il Ministero dell'Economia la quota di prelievo sulle scommesse ippiche e la loro destinazione; le modalità con cui l'offerta ippica (in scadimento) arriva sul mercato; il restyling dell'Assi. A questo vanno aggiunti i rapporti con i concessionari del gioco (auspicabile un unico che privilegi quello sui cavalli) e per il segnale tv. Inoltre giustizia sportiva (soprattutto nel doping) elevata e autocritica degli ippodromi. Impensabile avere altri soldi oltre ai 120 milioni già stanziati. Una cura «da cavallo» di 4 o 5 mesi e concordata con l'Assi che, secondo Catania, sta operando correttamente pur se, si è capito, che dovrà dare l'addio a mega-uffici in palazzi con vista. Intanto gli occupanti della sede romana si sono ridotti – ha chiarito il segretario dell'Assi, Ruffo presente alla conferenza con il commissario Varrone – a 7 o 8 ospitati nel quarto piano. Tutto sfocerà però giovedì in una grande adunata degli ippici davanti Montecitorio (circonderanno la Camera con 4 picchetti) alle 13, preceduta alle 10'30 da una conferenza stampa all'Hotel Plaza sul Corso, che è stato il primo ippodromo romano con le corse dei cavalli berberi scossi nel 700 da Piazza del Popolo a Piazza Venezia, durante il Carnevale. Le reazioni alla «cura Catania» non si sono fatte attendere. Oltre alle perplessità avanzate mercoledì dai proprietari di galoppo per bocca del presidente Mario Masini (romano, già onorevole alla Camera) sulla volontà dei Monopoli di Stato – e della stessa politica – a risolvere il problema delle scommesse, fuori del Ministero un presidio di ippici ha respinto al mittente l'invito di Catania di tornare a correre: «Sfido chiunque a tenere attiva una scuderia con questi montepremi da miseria» ha spiegato il driver-allenatore di Tor Valle, Antonio Storti. Anche il Ministero dell'Economia – in una risposta, anticipata da Agipronews, ad una interrogazione parlamentare – ha puntato il dito sulla maggiore qualità delle corse per tornare competitivi, difendendo l'operato dei Monopoli di Stato: «I cavalli non sono ritenuti un evento degno di scommessa per le poche possibilità di vincita e l'onerosità delle fliera».