Fiumicino

Èil primo dato emerso dall'autopsia effettuata ieri sul corpo del sedicenne di Fiumicino, deceduto domenica dopo un pugno sferrato dal suo migliore amico Cesare nei pressi del centro commerciale Parco Leonardo. Per gli altri esami ci vorranno settimane. Ma intanto Simone Costa può tornare tra le braccia di mamma Michela e papà Stefano, che già domani potranno celebrare le esequie nella parrocchia di Santa Maria Porto della Salute. Una morte assurda, impossibile da accettare per chi amava il giovane, soprattutto per la dinamica. Un pugno, proprio come quello ricevuto da Maricica Hahaianu, l'infermiera rumena colpita da Alessio Burtone: ieri la perizia super-partes ha definito «poco probabile che a causare la morte della donna sia stato il pugno sferratole». E l'avvocato di Burtone ha già chiesto la derubricazione dell'accusa. «Esiste anche nel caso di Simone il rischio che le accuse possano diventare più lievi ma, ripeto, nessuno dei familiari vuole vedere distrutto Cesare», sottolinea Anna Maria Anselmi, avvocato della famiglia Costa. «Non posso pensare che quel ragazzo stia in carcere», ripete spesso la mamma di Simone. Nessun desiderio di vendetta, ma piuttosto il desiderio di capire cosa sia successo. «Ho ucciso il mio migliore amico», continua a dire Cesare, un ragazzo devastato, lo descrive il suo avvocato Paola Cittadini, che nega somiglianze con il caso di Maricica. Simone non è caduto a terra, secondo i testimoni, tragedie completamente diverse per dinamica e, soprattutto, volontà di ledere, riferisce l'avvocato. Un «pulcino» Cesare, mingherlino, più esile di Simone, a cui gli amici continuano a inviare messaggi di solidarietà sulla sua pagina di facebook: «Mi manchi, quanto torni?». E Cesare già nei prossimi giorni potrebbe essere trasferito, dal carcere minorile di Casal di Marmo in una comunità individuata dal Tribunale dei Minori. Ma ieri, intanto, è scattata la convalida di arresto per omicidio preterintenzionale.