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Rimpasto di giunta ancora lontano

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Levoci però di un rimpasto «preventivo» della squadra di governo capitolina iniziano a circolare come un dono di Natale alla già movimentata vita politica del Palazzo Senatorio. Alle smentite ufficiali del sindaco seguono anche quelle ufficiose. In effetti pensare a un rimpasto di giunta sotto l'albero di Natale in un momento in cui il Campidoglio dovrà fare conti durissimi a livello economico, e politico, appare assai strano. Nonostante il primo cittadino ci abbia abituato a colpi di scena più o meno eclatanti proprio sulla composizione (e scomposizione) della sua giunta. Il secondo ricorso contro il mancato rispetto dell'articolo 5 dello Statuto comunale è stato presentato, ricordiamo, sempre dalle due consigliere capitoline Monica Cirinnà (Pd) e Maria Gemma Azuni (Sel), all'indomani della terza giunta Alemanno. Un rimpasto, quello di luglio imposto proprio dal Tar che aveva considerato insufficiente la presenza di una sola donna a garantire il giusto equilibrio di genere nel governo della Capitale. Via il vicesindaco Cutrufo allora e dentro Rosella Sensi, con il conferimento della delega a numero due del Campidoglio a Sveva Belviso. Non solo il numero infatti ma anche il peso delle deleghe assegnate sembrava aver messo la parola fine alla querelle che da politica è diventata (tristemente) giuridica. E invece no. Difficile tuttavia credere in una mossa preventiva del primo cittadino, soprattutto in un momento in cui occorre pensare al bilancio e al partito. Le due consigliere intanto gongolano al gossip di un possibile rimpasto di giunta dovuto, ancora, alle quote rosa. «Il sindaco Alemanno è terrorizzato dalla probabile sconfitta al Tar - commentano Cirinnà e Azuni - quella che viene descritta come ipotesi di rafforzamento della squadra per la fine legislatura altro non è che l'inevitabile epilogo del tentativo mal celato di negare una corretta rappresentanza di genere nell'esecutivo». Una strumentalizzazione tutta politica che si ferma proprio alla giunta e non bada, invece, a porre una riflessione seria non sulle nomine ma sulle elette. Tra i 60 consiglieri capitolini ci sono soltanto tre donne, le due dell'opposizione che si battono per le quote rosa in giunta e Lavinia Mennuni del Pdl. Sarebbe forse il caso di fare qualcosa affinché alle prossime elezioni i cittadini siano chiamati a votare più donne piuttosto che a ritrovarsi ora un assessora della quale proabilmente non avranno neanche il tempo di impararne il nome. Susanna Novelli

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