E al centro commerciale mariti sfiniti sulle panchine
Trascinati dalle consorti. Riposano col mento sui carrelli
Eccola,la frase che i mariti-compagni-fidanzati, quando il calendario inizia a segnare rosso, temono più di una cartella esattoriale. Come, per una donna, le pistolettate della play che rimbombano in salotto o la domenica pomeriggio allo stadio: per lui, l'incubo che si materializza nel giorno di riposo settimanale ha un nome ben preciso, è lo "scioppingsenter". Una tappa obbligata, una via crucis commerciale con cui anche gli allergici al regalo forzato sanno, in fondo, di dover fare i conti prima dello scoccare del 25. Lustrini, paillettes, le colonne gialle-oro stile impero, gli orsetti parlanti, i jungle caramellosi, i bambini che vogliono provare le scale mobili o condurre il carrello, la hostess delle promozioni, i parenti che riaffiorano come fantasmi nella lista dei "pensierini": se un uomo potesse scegliere il sabato da evitare, di certo sarebbe questo. Ma tant'è, il carosello natalizio (e la moglie) lo impongono. Quest'anno non c'è fila, al centro commerciale si trova parcheggio che è un piacere, «c'è la crisi», ma nel «giorno x» le brutte sorprese, i mariti sanno anche questo, sono dietro l'angolo. Per esempio affisse alla scala B dell'ingresso ovest, luogo scelto dalla direzione del centro "Euroma2, shopping experience", sulla Cristoforo Colombo, per informare la clientela che le prime tre ore di sosta, anche quest'anno, anche sotto le feste, sono gratuite. Almeno tre ore dunque. Ma ormai è troppo tardi, sei già dentro. Lei gongola, per lui inizia invece la fase di training autogeno. Lo spirito non è proprio quello della festa ma – del resto - non ci si sforza neppure di mascherare le apparenze. E' il gioco delle parti. I mariti li riconosci subito, e non solo dall'espressione. Accartocciati su un carrello che, insieme a pacchettini, borse e scatoloni, spesso contengono anche il figlio più piccolo, quello che «sennò al negozio fa storie». Incollati allo schermo della tivù (che trasmette solo pubblicità), seduti su una panchina, a guardarsi tra loro, quando non si trascinano lumacosi tra il boulevard (la zona fumatori) ed il bar, con il gomito sul solito carrello e la testa tra le mani. Inequivocabile segno di insofferenza, poi, è la radiolina per le ultime dal pallone, che assume un valore più profondo, il contatto col mondo esterno. Li rintracci davanti ai bancomat, oppure nelle isole gioco dei bambini, mentre fissano le macchinine che volano a destra e sinistra, destra e sinistra, lo sguardo perso e gli occhi vuoti, che non sai proprio con cosa, nella loro testa, sono arrivati a barattare con quel pomeriggio. Ma resistono. Perché il "patto implicito", non se lo sono detti ma lo sa lui, e lo sa anche lei, è stato onorato: «E mo' basta fino ar Natale prossimo».