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Per 20 mila euro al mese si "uccide" un Municipio

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Proteste contro la manovra

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Meglio tardi che mai. Con un giorno di ritardo la politica capitolina si è accorta della norma «ammazza Municipi» contenuta nella manovra del governo Monti. In particolare si prevede che le cariche elettive negli enti territoriali non previsti dalla costituzione siano a titolo onorifico. In altre parole i consiglieri municipali dovranno svolgere, salvo modifiche, gratis le loro funzioni politiche e amministrative. E pensare che il 19 luglio 2010 l'Assemblea capitolina, nell'approvare il primo decreto di Roma Capitale aveva sì stabilito il ridimensionamento dei Municipi da 19 a 15 ma li aveva anche "promossi" a rango di «organi di governo di Roma Capitale». Un ricordo che sa di beffa, soprattutto dopo la decurtazione dello stipendio avvenuta con l'introduzione del tetto ai rimborsi per i datori di lavoro privati, che ha portato la renumerazione mensile degli eletti a circa 700 euro. Il rischio è che adesso si trasformi in puro volontariato. Ma davvero i parlamentini locali costano così tanto da dover meritare questo? Nei 19 consigli municipali sono eletti 24 consiglieri più il presidente del Municipio che si avvale della collaborazione di 4 assessori. Lo stipendio medio, calcolato in base ai gettoni di presenza in consiglio e nelle commissioni è di circa 700 euro al mese mentre il presidente può arrivare a circa 2000, 2500. A conti fatti un Municipio costa circa ventimila euro al mese, ovvero 4,5 milioni di euro l'anno. Non è una gran cifra, soprattutto se si considera che dal 2013, ovvero dalle prossime elezioni verranno accorpati quattro Municipi. La spesa dunque per i 15 parlamentini locali calerà a circa 3,6 milioni di euro. Numeri che se da una parte non possono certo risolvere i problemi della crisi economica, dall'altra garantiscono la rappresentanza territoriale che nel progetto costituzionale di un decentramento sempre più ampio dovrebbero al contrario acquisire sempre più poteri. Farlo gratis mette obiettivamente a rischio l'attività politica e amministrativa. Una realtà ben conosciuta da chi la politica la fa e l'ha fatta partendo proprio dal territorio. Il primo a parlare ieri è stato il sindaco Alemanno. «Il taglio degli emolumenti agli amministratori dei municipi, dai presidenti ai consiglieri, per me è un provvedimento sbagliato: i municipi a Roma amministrano 200-250 mila persone e devono essere in grado di farlo, perché è un impegno h24 e sarebbe impensabile che avvenisse su base volontaria - ha ribadito il sindaco -. Mi auguro che la manovra venga corretta su questo versante». Ad alzare le barricate a difesa dei municipi e della democrazia, che deve avere un costo proprio a garanzia di trasparenza e legalità, praticamente tutti i partiti. Dall'Udc, con Luciano Ciocchetti e Pietro Sbardella, a La Destra con Dario Rossin, al Movimento per l'Italia con Fabio Sabbatani Schiuma. Ma come reagiscono i due partiti maggiori. Il Pd affida la difesa dei parlamentini locali ai consiglieri capitolini Stampete, Nanni, Pelonzi. Tace, curiosamente, il segretario romano Miccoli. Replica compatto invece praticamente tutto il Pdl. «È assolutamente giusto che la politica in questa fase sia la prima a fare la propria parte e a dare il suo contributo in termini di ridimensionamento dei costi. Ma lascia perplessi la facilità con la quale si pensi di tagliare ogni gratifica per chi, nei Municipi, svolge quotidianamente un importante lavoro di collegamento con il territorio». Così, in una nota, i deputati Vincenzo Piso, coordinatore regionale Pdl Lazio, Barbara Saltamartini, vice presidente del Pdl alla Camera, Beatrice Lorenzin e Gianni Sammarco, coordinatore romano Pdl.La reazione, lentamente, inizia a sentirsi anche dai diretti interessati. «I Municipi romani si stanno organizzando per far sentire, insieme alle tante indignazioni che il Decreto Monti ha suscitato, anche la voce delle Istituzioni di prossimità», annuncia il minisindaco del Municipio XI, Andrea Catarci; mentre il consigliere del XV del Pdl, Marco Palma lancia una provocazione ai colleghi: «Dimettiamoci tutti». Intanto incontri e riunioni tra esponenti eletti nei Municipi e vertici dei partiti si susseguono per cercare di evitare di gettare al vento anni di lavoro per un decentramento che, faticosamente, sarebbe arrivato con la riforma di Roma Capitale.

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