Omicidio Simmi, così la procura bloccò le indagini
La procura di Roma fermò le intercettazioni dopo la gambizzazione di Alessio Simmi, ucciso cinque mesi dopo. Oggi per quell'omicidio due persone sono iscritte nel registro degli indagati: la pista è quella passionale. Ma perché quello stop? La morte di Simmi si poteva evitare? La sera del 7 febbraio scorso, a piazza Monte di Pietà, durante la chiusura dell'oreficeria del padre, il ragazzo di 32 anni fu ferito da due sicari arrivati in scooter. Il passeggero estrasse una pistola calibro 22 ed esplose i colpi. Due andarono a segno bucando le gambe del giovane, gli altri furono scaricati sull'asfalto in sequenza rapida. Poi i sicari si dileguarono. Sul posto intervennero i carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci. Seguirono i rilievi, gli interrogatori della madre e del padre, i sospetti e le intercettazioni telefoniche, soprattutto dei familiari. La procura non obiettò al modo di precedere. Adesso le indagini si fanno soprattutto ascoltando, intrufolandosi nelle utenze telefoniche e sentendo i soggetti vicini alla vittima: registrando quello che dicono circa l'episodio violento, con chi e tanto altro. Inoltre, le premesse dell'inchiesta avevano altri motivi di interesse. Il padre, Roberto Simmi, ha passato brutti momenti con la giustizia. È finito nella storica ordinanza del giudice Otello Lupacchini contro capi e gregari della banda della Magliana. Nell'elenco c'era anche il fratello Tiberio. In seguito però entrambi sono stati assolti. Insomma, quando si conoscono criminali della banda, si ha una gioielleria vicino a Campo de' Fiori e un figlio viene gambizzato, è facile pensare che ci si trovi davanti alla punta di un iceberg, a un avvertimento sotto il quale possano nascondersi trame che conducono ad ambienti in ombra e collegano il fatto violento a una questione di soldi, il movente più frequente nei delitti di malavita. Eppure dopo un po' la Procura ha staccato la spina. In pratica, le indagini sulla gambizzazione di Flavio Simmi hanno perso sprint. I magistrati hanno tolto benzina a un pistone che dà notevole potenza alle investigazioni e senza il quale diventano lumaca, indipendentemente dalla tenacia degli investigatori. La mattina del 5 luglio, in via Grazioli Lante, a Prati, i killer sono tornati a sparare contro Flavio Simmi, ancora nove colpi ma stavolta calibro 9x21 mentre la vittima era a bordo della sua Ford Ka. Le indagini passano alla Squadra mobile, coordinate dalla Direzione distrettuali antimafia che subito precisa: «Il delitto non è preso in esame come un episodio isolato legato ad esempio a questioni personali o sentimentali: lo abbiamo preso seriamente in considerazione e per questo motivo ci sta lavorando la Dda». La pista passionale porta il nome di un tale Musso. Nel 2005 con l'attore Antonio Cupo, protagonista della seconda stagione della fiction televisiva "Elisa di Rivombrosa", e un altro, Flavio finì sotto processo per stupro. All'indomani di una serata-festino in un appartamento di via dei Giubbonari trascorsa con una donna - moglie appunto di Musso all'epoca detenuto in carcere - i tre furono denunciati. «Mi hanno violentato a turno», raccontò lei ai magistrati. Tutti e tre finirono sotto processo ma furono assolti. Il mistero continua.