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Tribunale aperto solo tre ore al giorno

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È cominciata un'altra rivoluzione nel palazzo di giustizia più grande d'Europa. Un'iniziativa che però ha già mandato su tutte le furie chi frequenta ogni giorno il Tribunale di Roma, come i 24 mila avvocati. Per depositare documenti, memorie e fascicoli nelle cancellerie bisognerà fare le corse, mettersi in fila nella speranza di riuscire a entrare nelle stanze. Ma cosa è accaduto per far scoppiare la rabbia degli avvocati? Il presidente del Tribunale Paolo De Fiore e il dirigente amministrativo hanno firmato due provvedimenti, il primo il 18 ottobre e il secondo il 4 novembre scorsi, disponendo che l'orario di apertura al pubblico delle cancellerie e degli uffici del Tribunale deve limitarsi a tre ore al giorno, contro le quattro che avevano a disposizione gli utenti e le cinque previste per legge. Sessanta minuti in meno, dunque, per depositare atti in cancelleria, costringendo così, sostengono gli avvocati, a correre il rischio di non riuscire ad adempiere in maniera corretta alla loro attività professionale di difesa del cittadino. Tanto da convincere un gruppo di legali, tra i quali il consigliere dell'Ordine Mauro Vaglio, il delegato romano dell'Organismo unitario dell'avvocatura italiana Antonino Galletti, l'ex presidente dell'Ordine, ora consigliere, Alessandro Cassiani e i consiglieri Pietro Di Tosto e Donatella Cerè a rivolgersi al Tar del Lazio per chiedere l'annullamento di questi due provvedimenti. Fino a fine anno, se non dovesse essere accolto il ricorso, le cancellerie apriranno la porta alle 10 e la chiuderanno alle 13, rendendo il Tribunale dal più grande d'Europa al «meno accessibile». Il Tar, intanto, ha fissato l'udienza per il 7 dicembre davanti ai giudici della prima sezione. Si tratta, comunque, di una «sperimentazione», che per i legali, però, ricadrà «sulla pelle degli utenti e dei professionisti - si legge nel ricorso di 15 pagine - la legge 23 ottobre del 1960 numero 1196 stabilisce che le cancellerie e segreterie giudiziarie sono aperte al pubblico cinque ore nei giorni feriali». Alla base dei due provvedimenti, ci sarebbe l'intenzione di consentire lo smaltimento dell'arretrato e di agevolare la scansione dei documenti dei magistrati. Una motivazione che non ha convinto invece gli avvocati, secondo i quali si tratta soltanto di un modo per aumentare le difficiltà nel programmare le attività professionali. Nel ricorso i legali hanno anche inserito la decisione presa dal Csm a luglio 2011, quando ha «bocciato» il piano organizzativo per il triennio 2009-2011 del Tribunale di Roma «in ragione dei processi penali pendenti aumentati del 22 per cento negli ultimi anni e sempre più lunghi e di una pendenza "gravissima" anche nel settore civile per lo meno davanti alla prima sezione». Gli avvocati hanno spiegato che i provvedimenti sono stati «assunti dal (solo) capo dell'ufficio giudiziario, ma recano la firma e dunque la paternità anche del dirigente amministrativo il quale avrebbe dovuto essere soltanto "sentito" nella fase istruttoria (che in concreto è del tutto mancato, comunque, è stata insufficiente e unilaterale)». Ma non finisce qui. I legali sostengono inoltre che l'innovazione, la produttività, l'efficienza e la trasparenza del lavoro pubblico «non possono certamente essere perseguite a discapito dell'utenza, costretta ad ore interminabili di fila e attese defatiganti davanti agli uffici giudiziari e di cancellerie con il rischio poi di vedersi chiusa la porta in faccia allo scoccare della terza ora lavorativa di apertura al pubblico degli uffici». «Agiamo nel legittimo interesse a difendere la nostra professionalità - ha detto l'avvocato Galletti - ma soprattutto nell'interesse dei cittadini che rappresentiamo. Non è addotta alcuna ragione di "particolare urgenza" o "straordinaria necessità" a supporto della limitazione degli orari». «In definitiva - ha aggiunto l'avvocato Vaglio - la "sperimentazione" sugli orari si rivelerà forse addirittura inutile e si risolverà con il prevedibile ritorno alla "normalita" da gennaio, dopo avere provocato immotivatamente il "rallentamento" all'attività giudiziaria».

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