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Roma Capitale. L'addio in un fax

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Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

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Sarebbe stato un fax indirizzato al ministro Calderoli venerdì pomeriggio, nel penultimo consiglio dei ministri, quello per intenderci che avrebbe dovuto (e potuto) firmare la «presa d'atto» dell'intesa tra il sindaco Alemanno e la governatrice Polverini, sbloccando di fatto il secondo decreto attuativo su Roma Capitale, a gelare ogni possibilità di mandare avanti la riforma. Un «regalo» inaspettato per la Lega Nord e per l'opposizione che, miracoli a parte, giocherà la carta del fallimento della nascita del nuovo ente speciale e dei mancati poteri speciali da qui alle prossime campagne elettorali. A parlare della vicenda e confermare, indirettamente, l'ostacolo posto, la stessa Polverini: «La Regione aveva puntualmente osservato il decreto del ministro Calderoli, avevamo visto che le competenze e i trasferimenti erano esclusivamente nazionali. Per quello che riguarda la Regione avremmo agito con un provvedimento regionale. Purtroppo - ha proseguito la governatrice - la scadenza del decreto è arrivata in un momento che nessuno poteva immaginare di crisi così profonda. L'ultimo Consiglio dei ministri non è riuscito a dare il via libera al secondo decreto, vediamo che cosa succederà, intanto su quando avremo il nuovo governo e quando, con esso, si potrà dialogare». Il tempo però non aiuta. Il Consiglio dei Ministri dovrebbe esprimersi entro il 21 novembre. Una settimana in cui, ovviamente, Roma Capitale non sarà prioritaria nell'agenda del nuovo governo tecnico. Sarebbe tuttavia fuorviante attribuire la responsabilità della mancata riforma a un singolo soggetto, sia esso Polverini o Alemanno. Intorno al conferimento dei poteri a Roma in quanto Capitale, al di là delle dichiarazioni e dei voti d'aula non c'è mai stata unanimità. Così come il tentativo di "correggere" proprio attraverso il riconoscimento di Roma come ente speciale, la norma del testo Unico degli Enti Locali che taglia i consiglieri capitolini da 60 a 48, non è stato portato avanti convintamente da tutti. Soprattutto all'interno del Pdl, ma con "adepti" anche negli altri partiti, Udc in testa. Perché? La risposta si avrà probabilmente nei congressi locali a fine mese, salvo proroghe dovute alle difficoltà del momento. Un dato, comunque è certo: nel 2013 i romani dovranno votare per 48 consiglieri comunali. Questo significa non solo una campagna elettorale fraticida ma «sfoltire» sensibilmente un'altra parte della classe dirigente territoriale, dopo la clamorosa esclusione alla Regione Lazio e la cancellazione di ben quattro municipi su 19. Intanto, il presidente della commissione capitolina alle Riforme Istituzionali per Roma Capitale, Francesco Smedile (Udc) ha chiesto ieri ufficialmente una seduta straordinaria dell'Assemblea capitolina: «Alemanno venga in Assemblea Capitolina ad illustrare quanto accaduto sul secondo decreto per Roma Capitale e per un confronto con maggioranza e opposizione volta a conoscere nel dettaglio il contenuto del provvedimento e per verificare quali siano le eventuali opportunità di far approvare il testo almeno in prima lettura dal nuovo Governo entro la scadenza della legge delega del 21 novembre e quali iniziative intenda prendere il Campidoglio il merito».

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