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Al pronto soccorso con l'infarto, ma in tutta Roma non c'è un letto

Corsia d'ospedale

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È arrivato al Pronto soccorso dopo essere stato colpito da infarto ma per lui in tutta Roma non c'è un posto letto di terapia intensiva. L'episodio è capitato ieri mattina, quando verso le 5 un uomo di ottant'anni con un attacco cardiaco è stato portato al San Filippo Neri. I medici del Pronto soccorso hanno prestato le prime cure, stabilizzando la situazione. L'infarto era di lieve entità e l'uomo non è in pericolo di vita. Tuttavia, il paziente necessitava comunque di un ricovero in terapia intensiva. E qui sono iniziati i problemi. Perché il reparto dell'ospedale sulla Trionfale, uno dei poli d'eccellenza della sanità laziale, era pieno e non aveva posti letto disponibili. Il Pronto soccorso del San Filippo Neri ha così contattato tutte le Asl e le aziende ospedaliere del Lazio per cercare una soluzione. Risultato: a Roma non c'è neppure un posto letto di terapia intensiva libero. L'Sos è rimasto così lettera morta. Soltanto la Nuova Itor di Latina ha risposto. L'uomo è stato così ospitato nella stanza visite del Pronto soccorso, collegato al monitor del Dea e giace su una barella in attesa che in una struttura sanitaria della Capitale si liberi un posto. Il San Filippo ha seguito la prassi ma un sistema al collasso non ha potuto evitare l'ennesimo disservizio nella sanità laziale. Un episodio che manda su tutte le furie i sindacati. «I tagli della governatrice Polverini stanno distruggendo la sanità del Lazio. Il taglio drastico e indiscriminato dei posti letto, quelli sulla medicina del territorio che non viene messa nelle condizioni di svilupparsi, il blocco delle assunzioni stanno spingendo la sanità verso il baratro. Siamo al limite ormai, ma sembra che niente e nessuno si sensibilizzi prendendo coscienza della reale situazione, che al di la degli spot pubblicitari non garantisce più il diritto alla salute», tuona il segretario responsabile provinciale della Uil-Fpl Claudio Tulli, che si scaglia contro l'intasamento «costante e continuo dei pronto soccorso» e una sanità pubblica «ormai a pagamento vista l'entità del costo dei ticket, che ormai solo il ceto medio può permettersi di pagare». «La Regione - dice Tulli - invece di razionalizzare la spesa, rivedere i modelli organizzativi e tagliare gli sprechi verificando appalti, servizi e consulenze, impone il taglio di ulteriori risorse in bilancio ad Asl e ospedali. Il risultato? La paralisi totale di una macchina sanitaria senza benzina che premia soltanto i casi eccezionali che fanno notizia, ma che lascia la gran parte dei malati in barella, mortificando e umiliando il malato». E i lavoratori? Il quadro è desolante: «Carichi di lavoro insostenibili, turni triplicati, scarse condizioni di sicurezza, borsisti che suppliscono alle carenze organiche. Le retribuzioni diminuiscono per il taglio di accordi integrativi e indennità. Per non parlare dei posti di lavoro persi e di quelli in pericolo della sanità privata».

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