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La Basilica ostaggio degli indignados

L'orto allestito di fronte alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme

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Doveva durare tre giorni e doveva essere «un'assemblea pubblica» dalle 8 del mattino alle 20. Si è trasformata invece in un'occupazione di suolo pubblico "h-24" con tanto di orticello e panni stesi ad asciugare davanti al sagrato di Santa Croce in Gerusalemme. Gli indignati dal 15 ottobre scorso (giorno degli scontri che hanno devastato San Giovanni) presidiano piazza di Santa Croce in Gerusalemme con un campo tendato che non ha niente da invidiare a quelli dei boy-scout. L'unica differenza è che invece di trovarci tra i faggi del parco dei Monti Simbruini, siamo davanti a una delle più belle basiliche della Capitale. E tale situazione fa indignare quei romani che l'hanno segnalata a Il Tempo. Gli accampati di Santa Croce per ora non hanno intenzione di smontare le tende. La loro protesta segue quelle di New York, Madrid, Londra e altre grandi metropoli sulla scia dell'ormai famoso slogan: «Noi la crisi non la paghiamo». Tra loro studenti e precari. Ma è una protesta pacifica, che non ha niente a che vedere con le azioni dei black bloc che hanno messo a ferro e a fuoco la città. Il sit-in che doveva però durare tre giorni, si sta protraendo a oltranza. Gli uffici della questura hanno infatti rinnovato già 5 volte il permesso di manifestare, ma resta il divieto di farlo nelle ore notturne. Dopo le 20, infatti, dovrebbero smontare le tende per rimontarle il giorno dopo. Sono invece rimasti tutte le notti, ampliando giorno dopo giorno il campo. Oggi se ne contano decine, un orticello di essenze, piante e fiori circondato da uno steccato di legno, tavoli sedie e divani, bacinelle e stendini per i panni che vengono messi ad asciugare nel piazzale proprio davanti all'ingresso del tempio. Ma c'è di più. Gli indignati, boy scout mancati, ieri sono stati sorpresi dal nostro fotografo ad allestire un prefabbricato in legno, una vera e propria casetta. Hanno poi battezzato «via della liberazione» e «via della dignità» - con tanto di segnaletica in legno - i due vialetti che si intersecano tra le tende. Da bravi boy scout si sono organizzati in turni per la cucina (dotata anche di un barbecue), per annaffiare le piante, mentre a un albero è stato affisso un cartello con le regole di buon vicinato tra residenti della tendopoli. Insomma, tutto farebbe pensare che non hanno intenzione di schiodare. Ma veniamo al dunque.   È possibile permettere una roba simile? Ricordiamo, infatti, che questa Amministrazione combatte logoranti battaglie, su più fronti, contro l'occupazione abusiva di suoli pubblici e privati, a cominciare da quella contro le baraccopoli dei nomadi che a intervalli irregolari vengono spianate dalla Municipale. Quelli sì, questi no, eppure siamo davanti a una delle Sette Basiliche della Città Eterna. Poi c'è la questione dell'occupazione di suolo pubblico. Proprio in questi giorni il Campidoglio ha promesso di estirpare dal centro storico il malcostume, che hanno alcuni ristoratori, di circondare con teloni di plastica i tavolini all'aperto. Usano la plastica perché non possono utilizzare il vetro, che, come è noto, «fa cubatura». In piazza Santa Croce si lavora al contrario alacremente con legno e tubi innocenti - che notoriamente fanno cubatura - per montare una casetta. L'amministrazione, ancora, non sapendo che pesci pigliare sul fronte dei piani di massima occupabilità, da qualche mese ha deciso di tagliare (in altri casi negare) le occupazioni di suolo pubblico. Eppure il campo tendato degli indignati occupa un bel po' di suolo pubblico. L'occupazione del suolo, si sa, è materia comunale. Con il clima post-scontri che si respira da un paio di settimane, del resto, bisognava aspettarsi da parte delle istituzioni, già impegnate a negare cortei, un po' di permessività. Ma una tendopoli fissa in pieno centro è troppo, soprattutto se l'abuso è servito sotto il segno della Croce.

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