I pellegrini ci vengono a piedi, e pregano.
SantaCroce in Gerusalemme, che ora fa da sfondo al bivacco degli «indignados», era una delle sette chiese capitoline nelle quali i fedeli dovevano fare tappa. Ai margini della città, entro il recinto del più possente ed esteso baluardo della caput mundi, le Mura Aureliane. È anche molto altro, questa basilica barocca, che quasi sembra danzare nella grazia ondulata della facciata. C'era qui la villa dell'imperatore Settimio Severo e vi abitò un altro regnante della Roma tardoimperiale, Eliogabalo. Poche centinaia di metri quadrati che stratificano usi, fedi, tradizioni, dicerie. In una delle sale della domus sessoriana, allorché i pagani cedettero terreno, sorse una chiesa paleocristiana. E il resto si trasformò in un pezzo di Medio Oriente. Elena si portò appresso un po' di Terra Santa. Il terriccio che - vuole la leggenda ed è bello crederci - copre la cappella dov'è sepolta. Per questo Ierusalem veniva sbrigativamente chiamato il tempio. E la Croce? Un pezzetto di quella vera la pia Elena portò con sé dal Santo Sepolcro. Mise nel bagaglio pure un chiodo tra quelli infilati nelle carni di Gesù, una parte della corona di spine, la spugna imbevuta d'aceto. Reliquie mai autenticate come certe. Eppure conservate nell'antica sacrestia, trasformata in Santuario della Croce. Nel Medioevo le donne - impure per antonomasia - non erano ammesse, proprio come avveniva per il Sancta Sanctorum del Laterano. Il XII secolo aggiunse ascesi. Alla chiesa si addossò un convento di Certosini e poi un oratorio. Il popolino lo chiamava Santa Maria de Spazzolaria e rideva: perché il sacrestano «spazzolava» fulmineo le elemosine e così si ingrassava. Il Rinascimento invece regalò lustro: il mosaico di Melozzo da Forlì e Baldassare Peruzzi, gli affreschi di Antoniazzo Romano, un sepolcro del Sansovino. Di tutto questo che ne sanno i «campeggiatori» dell'ultim'ora? Niente, e se ne infischiano di sapere, visto che sciacquano le stoviglie in una fontanella di marmo settecentesco. Non sanno neanche che dal 2004 è stato ricostuito l'antico orto del convento. Del resto fino a una quindicina di anni fa questo luogo così ricco di storia non era rispettato neanche dal Comune. Nei fornici delle Mura Aureliane erano sistemate le officine Atac.