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Gli angeli del decoro che abitano il Nomentano

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Gli angeli del decoro che abitano al Nomentano

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L'appuntamento è ogni mercoledì alle 19 in punto, in una stanza della scuola superiore Niccolò Machiavelli, a due passi da piazza Bologna. Annamaria Palaia, Felicia Agresti, Annamaria Castellani, Ilda Fanciulli, Mariella Felici, Irene Giudici, Barbara Manganelli, Marina Marini, Vanda Morbilli, Fiorella Sudano, Luciana Terracina, Cecilia Scerch, Albertina Campagna, Maria Teresa Silvagni, Annetta Paolucci e l'ultima arrivata Maria Antonietta. Poi c'è Pier Michele Strappini, unico uomo in una banda di "stacchine", come amano definirsi. Sono le signore del Comitato per il decoro urbano del III Municipio: un gruppo spontaneo, nato quattro anni fa per le vie che si diramano dal Nomentano al Tiburtino con un sogno, che poi è diventato un obiettivo concreto: proteggere le vie del quartiere dalla sporcizia, i muri dalle affissioni abusive, gli spazi pubblici dalla prepotenza di alcuni commercianti. La presidente dell'associazione è Annamaria: moglie, mamma, ex dirigente della Pubblica amministrazione. Ogni venerdì pomeriggio dirige una squadra di professioniste, pensionate e nonne per le strade intorno piazza Bologna. «È la giornata dello strappo - spiega - perché andiamo in giro per staccare dal muro i manifesti abusivi. Noi ci siamo soprannominate "stacchine", ma c'è chi ci prende solo per matte». Tutto è cominciato nel 2007. Quattro donne vicine alla pensione che guardano la città con occhi diversi. «Senza l'impegno del lavoro - racconta Annamaria - abbiamo avuto più tempo per passeggiare nel quartiere. E quello che abbiamo visto non ci è piaciuto». Così è nato il Comitato: su base volontaria e senza sponsor politici, «perché la pulizia - sottolinea - non ha colore». La prima battaglia è stata contro l'Ama. «Abbiamo firmato una petizione per chiedere al III Municipio l'autorizzazione a monitorare la frequenza con cui l'azienda municipalizzata passava per le strade, per pulire». Poi è stata la volta delle staccionate di protezione alla "tazza" degli alberi - cioè quello spazio intorno al tronco che non è asfaltato -, la crociata contro i volantini sui parabrezza delle auto, il monitoraggio delle aree verdi in zona. Fino alla pulizia dell'ufficio postale a piazza Bologna, «un esempio del razionalismo italiano che era stato oscurato dalle scritte dei writer». Sono partire dai sogni, le "stacchine" di piazza Bologna. E sono arrivate fino a stringere la mano a investitori privati: dalla direttrice dello sportello Unicredit di via Ravenna, che ha finanziato la recinzione di due aiole di fronte alla banca, all'amministratore delegato di Poste italiane, Massimo Sarmi, che le ha aiutate a ripulire il Palazzo di Mario Ridolfi. E già pensano ad altri sponsor: «Abbiamo scritto una lettera alla Fondazione Carla Fendi». Ci sono riuscite perché ciascuna ha messo a disposizione del gruppo la propria professionalità. Come Fiorella, che da ex biologa ha scelto di monitorare la salute del verde nel quartiere. O Vanda, che si occupa della pulizia delle strade dai bisogni dei cani. E ancora Barbara, avvocato che aiuta il Comitato nelle questioni legali; Pier Michele, che ha fatto sgomberare i furgoni in doppia fila davanti al Policlinico. Fino alla signora Luciana: a novant'anni, tutte le settimane, prepara un termos di caffè caldo da offrire durante le riunioni dell'associazione. La signora Annamaria, insieme alla sua amica Marina, ha messo in moto tutto questo. Lo ha fatto con la gentilezza di un animo nobile e la determinazione di chi non si arrende al degrado che corrode prima di tutto la dignità di Roma e dei suoi quartieri storici. «Perché mi fa male vedere la sporcizia che si mangia tutto - si sfoga - La vedo come un'onda distruttiva alla quale non ci dobbiamo abbandonare». Accanto a lei, dal 2007, si sono schierati in tanti. «Speriamo di essere uno stimolo - spiegano - Ci auguriamo che anche dagli altri municipi vedano quello che stiamo facendo e capiscano che si possono cambiare le cose, Roma si può rendere migliore». Si vedono ogni settimana, per parlare dei problemi del quartiere o di come sono stati risolti. Entrano nella scuola di via Giovanni da Procida e lasciano un euro in un salvadanaio rosa. Loro, che fanno davvero politica, il gettone di presenza lo pagano anziché averlo. Cosa prendono in cambio? La soddisfazione civica di aver contribuito a lasciare ai loro figli e ai nipoti un quartiere migliore.  

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