«Non chiesi aiuto in spiaggia
LauraPettenello, ai domiciliari in una struttura sanitaria con l'accusa di aver affogato il figlio di 16 mesi, ha spiegato ai carabinieri di Orbetello la mattina del 9 agosto che la decisione di non dare l'allarme quando ha scoperto che il bimbo non dava segni di vita l'ha presa per «proteggere» gli altri due figli di 8 e 10 anni. «Ho ritenuto, sul momento, di non chiamare il 118 o l'aiuto di qualche vicino perché non volevo far spaventare gli altri due figli una volta che fossero giunti sulla spiaggia». I due ragazzini, infatti, secondo il suo racconto, sarebbero dovuti arrivare allo stabilimento balneare in autobus da Porto Ercole. La mamma, indagata per omicidio volontario preterintenzionale, si è accorta che Federico non si muoveva soltanto quando lo voleva svegliare, pensando che stesse dormendo dopo essere «caduto» in mare da solo, per raggiungere la fermata del mezzo pubblico e accogliere in spiaggia i due bambini. Nelle carte in mano alla procura di Grosseto, anche le dichiarazioni del neuropsichiatra della donna, il dottor Athanasios Koukopoulos. Il medico ha riferito ai militari che il giorno precedente alla morte del bambino aveva incontrato il marito della donna, Lorenzo Cassinis, anche lui indagato per concorso colposo in omicidio. Il coniuge gli aveva detto che la moglie «era completamente guarita, sebbene avesse sospeso di sua iniziativa la terapia farmacologica prescritta». Per quanto riguarda invece l'episodio del 13 marzo, quando Pettenello per gli inquirenti tentò di annegare nella vasca da bagno il bambino, poi salvato dai medici dell'Umberto I dopo 13 giorni di rianimazione, anche i genitori della donna chiamarono il 118 chiedendo aiuto, lanciando l'allarme su quanto stesse accadendo nella casa della figlia. La telefonata dei nonni di Federico era arrivata al servizio di emergenza sanitaria 39 secondi dopo quella della mamma della vittima. E a far insospettire gli inquirenti sulla versione della mamma di Federico e sul possibile collegamento tra l'episodio del 13 marzo con quello del 9 agosto, oltre alle conversazioni tra i parenti della donna e alle email intercettate, anche una denuncia anonima che è arrivata l'8 settembre sulla scrivania degli investigatori, nel quale «si intendeva un comportamento volontario da parte di Laura Pettenello». Quando a marzo fu dimesso il bambino, l'ospedale aveva attivato i servizi sociali. Il marito di Pettenello spiegò agli operatori che voleva evitare ulteriori stress per la moglie che aveva «iniziato una terapia elettroconvulsiva dopo varie cure farmacologiche senza esito».