Nonno Giovanni regala gelati a tutti i bambini dei Parioli

Per i bambini del quartiere, compresi quelli che bambini lo erano e oggi hanno superato i quarant’anni, Giovanni Barchetti dei Parioli non è solo un gelataio. È il nonno che offre la merenda all’uscita da scuola. I piccoli, da lui, non pagano. Non hanno mai pagato. «Sa, non ho avuto figli, mai nessuno di mio da viziare, sarà per questo?», riflette guardando la cassa del negozio, quasi stupito del fatto che "un’abitudine", come la chiama, faccia notizia. «Lo è, una notizia intendo? Non ci ho mai pensato, i piccoli vengono qui, so che frullato gli piace e glielo preparo, tutto qua». I suoi dipendenti però gli fanno la chiosa: «Gli dà tutto quello che chiedono, vanno via che sembrano usciti dal paese dei balocchi».   La segnalazione è di una cliente, una delle "bambine" di allora che oggi ha il pancione. «Alla gelateria Duse, in via Eleonora Duse 1, il mitico Giovanni offre il gelato gratis a tutti i piccoli del quartiere, questo può essere un piccolo grande esempio di buone azioni?», scrive. Verifichiamo. Raggiungiamo "il mitico Giovanni" all’ora di merenda, intorno alle 16, quando i bambini dovrebbero avere voglia di zabaione. Lui, dietro al bancone, maneggia col frullatore. Alle pareti, disegni di gelati a matita dal tratto incerto, tutti colorati. Si avvicinano una mamma coi suoi due figli. Lei si intrattiene all’ingresso, loro corrono dentro: «Giovanni, siamo arrivati». E ridono. Lui di rimando: «Tim, oggi vuoi anche la cremina o senza?». I piccoli conoscono il suo nome, e lui conosce i loro. Non solo, i loro gusti, l’orario in cui dovrebbero far capolino nella gelateria, se sono o no golosi della "cremina". La famiglia se ne va. La cassa non si è aperta. Pensavamo ad una promozione commerciale, ma in effetti non ci sono cartelli, nessuna pubblicità fuori e dentro la gelateria. Nel dubbio, chiediamo: «Ci hanno detto che lei offre i gelati ai bambini, da quanto tempo? A partire da quale età?». Allora Giovanni si guarda attorno, abbozza un sorriso, si siede, punta dritto negli occhi: «È una cosa strana? Per me è un’abitudine. Li guardi, li guardi - indica altri due baby-clienti - Per qualche soldo in più, dovrei rinunciare a quella gioia? Purtroppo non ho avuto figli, quindi nemmeno nipoti, ho sempre solo lavorato: forse è anche per questo che me li coccolo come se fossero un po’ miei». Attimo di pausa, medita tra sé e sé. «Questo negozio l’ho aperto il 30 novembre del ’56, io ho più di 70 anni, chi viene qui l’ho visto crescere e per me non è un peso fare un po’ di zabaione». Che non è un peso lo sanno bene i bambini che si presentano in gelateria dopo la scuola, ancora con lo zaino in spalla. Spesso anche soli, i genitori si fidano di Giovanni, «la mia mamma dice che nel suo gelato non ci mette le schifezze», spiega quasi a giustificarsi Marco, 9 anni, affacciato sul bancone del bar in attesa della merenda. Qui è così, è come stare in famiglia, la gelateria Duse è un po’ il salotto di una casa senza tempo, crocevia di generazioni che raccontano il passato e disegnano il futuro. Anche i dipendenti, Stefano e Vincenzo, lavorano con Giovanni da più di vent’anni. «Fate bene a raccontare queste storie - interviene un cliente - perché ormai di posti così, in cui ti fanno sentire a casa tua, che conoscono i tuoi gusti e anzi, che sanno cosa vuoi a seconda dell’orario in cui ti presenti, caffè al mattino e gelato al pomeriggio, non ce ne sono più». Giovanni arrossisce, pur consapevole del fatto che l’apprezzamento è reale. «Quando da giovanissimo sono arrivato a Roma da Ascoli - racconta - facevo il meccanico, solo quello sapevo fare. Poi, con un amico, ci siamo buttati in questa impresa. All’inizio eravamo solo una latteria, non ci conosceva nessuno. Le cose sono andate sempre meglio, e ancora oggi vanno molto bene». In attività come queste, chiediamo a Giovanni, una media di dieci gelati offerti ogni giorno possono fare la differenza, in termini di incasso. Lui non è d’accordo, la parola crisi tanto è altrove un termine inflazionatissimo quanto qui risulta completamente avulsa dal contesto. E il nonno dei Parioli sa anche il perché: «Quella colpisce chi non sa far bene le cose. Se ci si mette amore e passione, gli affari non possono andare male». Entra un altro bambino (in pochi minuti, tra piccoli e "grandi", sarà il decimo): «Claudio, lo vuoi al pistacchio?». Al piccolo si illuminano gli occhi. Altro regalo di Giovanni, insieme al frullato.