Dino lo chef da strada che sfama i clochard
Comincia tutto con un semplice caffè. In una domenica mattina come tante. Dino è in pensione, passeggiava per "passare il tempo" quando ha incrociato il clochard che avrebbe rivoluzionato l'ordine delle priorità nella sua vita e quella di altri cento disperati. «Mi dai qualcosa per la colazione?», si è sentito chiedere dallo sconosciuto. Gli ha messo tra le mani un euro. Portafoglio meno pesante, cuore più leggero, ha pensato. Dino Impagliazzo, 82enne, pensionato Inps, la domenica successiva si è presentato alla stazione Tuscolana con venti panini formaggio e prosciutto: «Non so bene spiegare il perché, ma quel caffè mi ha fatto scoccare la scintilla». Sua moglie Fernanda, che lo conosce bene, quando l'ha visto bussare alle porte dei vicini di casa per chiedere se in frigo fosse rimasto qualcosa per "quei ragazzi della stazione", sapeva che quello sarebbe stato solo l'inizio: ha indossato il grembiule e cucinato del ragù. Oggi, trascorsi ben sei anni da quella "benedetta domenica", non andrebbe più bene, perché "molti della compagnia", come la chiamano loro, la carne non possono mangiarla. La "compagnia" sono un esercito di trecento "invisibili", che ormai per mangiare contano su Dino e sui suoi amici. Miracolo nel IX Municipio? «Nessun miracolo - sorride a se stesso Dino - Ha presente il gioco del domino? Ho iniziato a far del bene, con me mia moglie, i vicini di casa e gli amici, ed abbiamo così scoperto di essere in tanti». Dino in pensione non riposa. Il calendario che si è imposto è serrato. Ogni sabato e domenica sera ha appuntamento alla stazione Tuscolana. Lunedì e martedì alla stazione Ostiense. Per cucinare si usa casa Impagliazzo. Ci abitano in due, ma il ripostiglio del soggiorno svela il "trucco". Pentoloni e mestoli in formato gigante, da sfamarci un esercito appunto. Quando il sugo è pronto e la pasta (venticinque chili) cotta, di corsa in auto fino alla stazione. Vicino ai binari poi ci si organizza come si può, piatti e stoviglie di plastica e mille grazie. I senzatetto, clochard, stranieri e romani, sanno che Dino li sta aiutando solo perché ha un cuore grande, non perché potrebbe permetterselo: «Non mi hanno mai mancato di rispetto e sono sempre stati leali. Credo mi conoscano anche in Afghanistan, un giorno un gruppo appena arrivato ha chiesto di me, dicevano che avrei potuto aiutarli per i primi tempi». Il fatto che i commensali apprezzino, lo dimostra il passaparola: «Quando ho iniziato distribuendo loro i panini - confessa Dino - non mi sarei mai potuto aspettare una cosa simile». Di certo quello che sta succedendo a Dino non è più grande di lui, perché in questi anni, insieme ai senzatetto, ha trovato l'aiuto di tantizzimi scoprendo che c'è molta voglia di solidarietà tra le strade della Capitale. Non chiacchiere ma concretezza. Ci sono le braccia, delle parrocchie del Tuscolano, dei ragazzi della Misericordia, di tanti volontari, e risorse, come quelle offerte dalle catene di supermercati o le "buste" degli affezionati alla causa: «Un mio ex collega dell'Inps - conclude Dino prima di mettersi ai fornelli - ogni mese, da sei anni, mi dà 100 euro, sa quanto gli costo?».