Case a rischio crollo. Comune condannato
La mannaia del Tar si abbatte su Roma Capitale. I giudici amministrativi hanno emesso una dura sentenza contro il Campidoglio, ritenendolo responsabile dello stato di inagibilità di alcuni edifici che si trovano sulla Cassia. Non solo. La seconda sezione del Tar, presieduta da Luigi Tosti, il 30 settembre ha depositato una sentenza con la quale difende i cittadini che abitavano in via Volusia, a ridosso del Grande Raccordo Anulare, dove parte della collina ha franato, danneggiando i palazzi che si trovano sulla strada, tanto da costringere i cittadini a dover vivere lontano dalle loro abitazione. Ma non finisce qui. Il Tribunale di via Flaminia ha inoltre stabilito che non dovranno essere i proprietari degli stabili a rischio collasso in via Volusia a dover compiere opere di messa in sicurezza proprio perché a causare lo stato di rischio sono stati i lavori commissionati dalla stessa amministrazione capitolina che ha appaltato i lavori all'Anas. Si tratta di una vicenda che inizia nel momento in cui prende il via il cantiere per l'ampliamento del Gra, consistente nell'adeguamento a tre corsie della sede stradale che ha portato anche ai lavori nella galleria. Nella sentenza, emessa in seguito al ricorso presentato da tre abitanti, rappresentati dagli avvocati Rina Izzo e Francesco Maria Graziano, i giudici ritengono responsabili dell'inagibilità degli immobili Roma Capitale e non, quindi, i proprietari dei palazzi che, secondo una serie di perizie, possono crollare da un momento all'altro. Il Tar ha infatti annullato la determinazione dirigenziale numero 74 del 3 agosto 2010 emessa dal Dipartimento IX Politiche di attuazione degli strumenti urbanistici, con la quale l'amministrazione aveva «ordinato» di effettuare lavori di messa in sicurezza, di nominare un tecnico che doveva accertare le cause del dissesto e individuare i provvedimenti da attuare al fine della salvaguardia dell'incolumità pubblica e privata. Il tutto a spese dei proprietari degli edifici dichiarati inagibili dai vigili del fuoco e dalla Protezione civile nel maggio 2010. I cittadini «hanno dovuto aderire allo sgombero degli immobili in quanto divenuti inabitabili in seguito ai lavori svolti sotto la gestione dell'Anas per l'ampliamento della sede stradale del Gra», scrivono i giudici nella sentenza di otto pagine. Per il Tar, infatti, gli abitanti non hanno eseguito «attività costruttive o interventi di altra natura sugli immobili per effetto dei quali sono divenuti inagibili le abitazioni, ma al contrario, i presupposti per lo sgombero sono imputabili ai lavori di ampliamento del Raccordo», spiega il Tribunale, per il quale i residenti di via Volusia 77 e 87 sono «vittime dello svolgimento dei lavori commissionati dal Comune di Roma e gestiti dall'Anas». Del dissesto geologico, per il Tar, è responsabile chi ha realizzato «le opere di ampliamento, chi le ha gestite e prima ancora chi le ha commissionate». Per il collegio i propritari non potevano intervenire materialmente «su immobili dei quali non hanno più la disponibilità, essendo stati sgomberati per mano pubblica». E anche perché, come spiegato dal tecnico nominato dai cittadini, il dissesto degli edifici è «solidamente legato al dissesto del versante e quindi i singoli proprietari degli edifici e dei giardini non possono mettere in atto alcun singolo efficace intervento di messa in sicurezza e nemmeno possono andare a porre in essere interventi di sostegno ai piedi del versante, su altre opere e terreno di proprietà dell'Anas spa». Insomma, da soli gli abitanti, per i giudici, non possono compiere, anche se lo volessero, alcun intervento per cercare di tornare in possesso delle loro abitazioni. I cittadini, infatti, da mesi vivono in altri alloggi a loro spese e in alcuni casi hanno trovato una sistemazione molto lontano dal luogo di lavoro. I giudici amministrativi hanno quindi deciso di condannare Roma Capitale al pagamento delle spese di giudizio in favore dei residenti, che hanno liquidato in seimila euro, duemila per ogni condomino che aveva presentato ricorso contro la determinazione digirenziale. Nelle otto pagine di sentenza il Tribunale ha anche fatto riferimento al procedimento penale (aperto a piazzale Clodio dal pubblico ministero Maria Bice Barborini che ha iscritto sul registro degli indagati dieci persone) che ha portato il gip ad accogliere la richiesta del magistrato di sequestrare i cantieri sul Raccordo, provvedimento preso il 15 giugno del 2010, confermato dal Riesame e divenuto definitivo per assenza del ricorso in Cassazione. «Il dissesto dell'area è dovuto ai lavori in corso - è riportato dai giudici - circostanza indubitabile che discende dal fatto che il tralicco (alto 25 metri dove transita corrente elettrica ad altissima tensione, pari a 150.000 volts), a causa del processo franoso in atto per i lavori di scavo e scalzamento del terreno, provoca un concreto pericolo di crollo degli edifici a seguito di continui smottamenti di terreno, verso la sede stradale del Raccordo». «Siamo soddisfatti della sentenza del Tar - affermano gli avvocati Rina Izzo e Francesco Maria Graziano - i giudici hanno preso una posizione chiara, liberando i cittadini dal dover mettere in sicurezza l'intero fronte collinare e gli stabili. Ora i nostri clienti chiederanno a Roma Capitale il risarcimento del danno». Già lo scorso novembre i residenti di via Volusia avevano definito la determinazione dirigenziale «ingiusta, illogica, irrazionale e inottemperabile», anche in considerazione del fatto che nel sottosuolo c'era una frattura «che fende l'intera collina, con un'estensione di circa 200 metri e che passa al di sotto degli immobili».