Con la guerra dei manifesti si apre la campagna elettorale
Nel leggere la sfilza di comunicati di solidarietà al presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, sembrerebbe sia accaduto qualcosa di molto, molto grave. Dal Gay Project agli esponenti del Pd di tutti i livelli, al commissario del Lazio, Vannino Chiti per l'intero pomeriggio è un tam tam. Cos'è accaduto? Dei manifesti firmati Popolo di Roma e Destra Sociale sono comparsi sui muri della Capitale: una foto di Nicola Zingaretti sorridente accanto all'ex capo segreteria di Bersani, Filippo Penati con la scritta «Debiti e tangenti. Le macerie della sinistra». Un manifesto brutto e offensivo, senza dubbio. Ma che scatenasse una tale querelle all'interno della politica capitolina certamente non se lo aspettava nessuno. Tra i primi a manifestare la propria solidarietà lo stesso Alemanno, travolto poco dopo da una polemica senza fine. Non basta. La situazione è ritenuta talmente grave che Zingaretti indìce una conferenza stampa d'urgenza per annunciare querela. È guerra aperta: la sede del Popolo di Roma che sarebbe la stessa della Fondazione Nuova Italia (che fa capo ad Alemanno, indicato come tacito mandante) è una notizia che viene smentita con l'annuncio di una controquerela. Più scorre il tempo più si acuisce lo scontro. Il Pd Campidoglio diserta per protesta la capigruppo e chiede addirittura l'intervento del segretario Pdl, Alfano. Poi il botta e risposta tra Zingaretti e Alemanno. «I manifesti attaccati in città sono un atto di grave aggressione contro un rappresentante delle istituzioni - ha detto Zingaretti - Una barbarie dialettica che non accetto in quanto accende la macchina del fango che sta mortificando la nostra democrazia. Non ho mai protestato su manifesti affissi contro di me perché considero legittimo e sacro il diritto di critica. Associare la mia immagine alla parola tangenti rappresenta però un atto di incivile dialettica politica fondata su ingiurie che ricordano la Roma del Ventennio». Poi la stilettata: «Ringrazio la presidente della Regione Polverini, la prima ad esprimere solidarietà, e prendo atto delle parole del sindaco, anche perché il manifesto in questione è firmato dal Popolo di Roma, un gruppo politico che ha la stessa sede legale della Fondazione Nuova Italia». Alemanno però non ci sta: «Credo che anche in politica ci debba essere un limite all'ipocrisia. Sono oltre tre anni che subisco direttamente da parte del Pd romano ogni genere di insulti, menzogne, attacchi. Proprio nel momento in cui sono impegnato in prima persona a criticare le conseguenze della manovra del Governo, la mia fotografia campeggia in tutta Roma con l'accusa di essere io a aumentare le tasse. Comprendo il disappunto del presidente Zingaretti ma non credo proprio che né lui né il Pd possano ergersi a censori dei nostri comportamenti». Intanto il capogruppo Pdl alla provincia Andrea Simonelli ha presentato un'interrogazione sul quotidiano "5 giorni" «un vero e proprio organo di partito che ogni giorno calunnia il sindaco». Il clima insomma è già squisitamente elettorale.