Addio alle borgate dimenticate
Mai più borgate dimenticate, è ora di trasformarsi in quartieri con la «Q» maiuscola. È iniziato prima dell'estate il lavoro di valutazione dei tecnici del Comune sui 53 progetti che cambieranno il volto di altrettante zone abitate ai margini della Capitale. Si tratta nella maggior parte dei casi di ex borgate abusive, nate spontaneamente tra gli anni '70 e rimaste fino a oggi senza opere primarie. Macchie di colore sulle tavole del Piano regolatore generale del Comune, mai integrate al sistema dei servizi degni di una Città moderna. Venticinque anni dopo la presa di coscienza del problema, inserito più tradi nella variante generale del '97 denominata Piano delle certezze, qualcosa si muove. I residenti, riunendosi in consorzi, possono presentare progetti di riqualificazione dell'area ottenendo dal Comune la possibilità di aumenti di cubature del 20 per cento sulle strutture già esistenti (l'indice passa, da 0,4 a 0,5) e di poter costruire, magari, sul proprio fazzoletto di terra, la tanto agognata casa per i propri figli. Sono 70, in totale, le aree, chiamate tecnicamente toponimi, su cui è possibile intervenire. Agglomerati urbani dove nel 92% dei casi mancano ancora le fogne bianche, nel 39% quelle nere, nel 42% addirittura l'acqua potabile. Inutile parlare dei parcheggi, delle scuole, del verde, completamente assenti, o delle strade asfaltate e dell'illuminazione pubblica, presenti mediamente solo nel 50% dei casi. Opere che all'amministrazione costerebbero circa 260 milioni di euro, soldi mai stanziati e che non avrà mai, visto i neanche troppo recenti chiari di luna del Bilancio. Ora, il Comune, che ha già valutato per i 53 progetti presentati un valore di circa 600 milioni di euro in oneri concessori, può dare alle ex borgate abusive la dignità di quartieri. Il tutto a costo zero per le casse capitoline. L'operazione "toponimi", che non ha niente a che vedere con il Piano casa regionale, riguarderà circa centomila cittadini. Per unirsi in consorzi è necessario che il 75 per cento degli aderenti sia pienamente d'accordo sul progetto, e probabilmente si tratta del passaggio più complicato perché, si sa, una borgata è un po' come un grande condominio e mettere d'accordo tutti non è impresa facile. Inizia poi la fase burocratica, che nella maggior parte dei casi - intervenendo con un aumento dell'indice di cubatura - prevede una variante al piano regolatore e dunque il passaggio dei progetti in Regione prima della definitiva approvazione in Consiglio comunale. Si tratta pur sempre di un'operazione di densificazione, seppur minima se rapportata alle cubature già inserite nel Prg, che prevede sulle 70 aree un aumento medio della superficie di circa il 31 per cento. Parte dei cantieri potrebbero partire nei primi mesi del 2013. In totale potrebbero essere avviati 5mila micro interventi di edilizia per un giro d'affari che potrebbe sfiorare i 2 miliardi di euro e dare lavoro a centinaia di piccole imprese. Purtroppo, però, quest'iniezione di opportunità al mercato del mattone capitolino non potrà partire prima di un paio di anni. Ed è una valutazione piuttosto ottimistica, visto che ora si entra di fatto nella fase burocratica dell'operazione. Basti pensare che agli uffici capitolini sono serviti due decenni per perimetrare le ex borgate e trasformarli, sulle tavole del piano regolatore generale, in toponimi. La speranza, ora, è di passare al più presto dal limbo toponomastico al paradiso dei cantieri aperti.