Ribelle è ribelle
Cometanti suoi coetanei insofferenti alle regole e innamorati dela trasgressione. Ma tra le cose che Matteo (nome di fantasia per una storia vera) non riusciva proprio a mandar giù c'erano i dettami religiosi dei genitori islamici. In particolare il ramadan, che scatta il nono mese del calendario musulmano, impone ai fedeli il digiuno diurno e dura circa trenta giorni. Anche per questo Matteo ha deciso di scappare da casa e darsi al vagabondaggio, facendo piombare mamma e papà in un incubo che si è concluso felicemente solo ieri, dopo tredici lunghi giorni di angoscia. La storia a lieto fine del quindicenne comincia il dieci agosto scorso. Il minorenne, nato nella Capitale ma di origini marocchine, quel giorno si è allontanato da casa. Non si sa se aveva già deciso di «scomparire» nel nulla. È uscito per fare una passeggiata assieme a un amico. Poi, però, verso le sette e mezza di sera ha telefonato alla mamma e le ha detto che si sarebbe trattenuto a dormire fuori. Considerando la giovane età del figlio, la donna non ha dato il suo permesso, imponendogli di fare rientro nell'abitazione la sera stessa. Lui se ne è ben guardato, e da quel momento i familiari non hanno più avuto sue notizie. Il 12 agosto i genitori hanno presentato denuncia di scomparsa alla polizia. In seguito gli è venuto in mente di rivolgersi alla trasmissione televisiva «Chi l'ha visto?», fornendo foto, descrizione degli abiti e dati sulle caratteristiche fisiche del teen-ager. L'appello era stato pubblicato il 16 agosto sul sito internet del programma della Rai. Ma nessuno aveva chiamato per dare informazioni sull'adolescente fuggitivo. E sarebbe stato difficile perché Matteo, a quanto pare, stava ben attento a non farsi vedere in giro. Intanto gli agenti del commissariato Prenestino, diretti da Fabrizio Calzoni, lo stavano cercando ed erano riusciti ad acquisire importanti informazioni utili al suo ritrovamento. Per non farsi riconoscere, infatti, il ragazzo continuava a indossare sempre gli stessi abiti, sporchi e ormai lisi. Voleva sembrare un barbone, uno dei tanti diseredati che si trascinano per le strade della metropoli vestiti di stracci e sopravvivono mangiando alla mensa della Caritas diocesiana. Aveva trovato rifugio in un palazzo in ristrutturazione di fronte al parco di Tor Tre Teste, e lì trascorreva le sue giornate correndo a nascondersi ogni qual volta vedeva uno sconosciuto. Vicino c'era pure una fontanella d'acqua alla quale si dissetava. E lì lo hanno rintracciato lunedì sera gli agenti del commissariato. Pratico delle nuove tecnologie, come molti ragazzini della sua età e probabilmente fan di programmi tipo «Csi», aveva pensato bene di separare la batteria dal suo cellulare per non essere localizzato. Gli agenti lo hanno accompagnato in commissariato, dove finalmente i genitori hanno potuto riabbracciarlo. Lui non ha detto nulla. Li ha seguiti mogio mogio nel suo inedito travestimento da mini-clochard.