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Tbc al Gemelli, tre mesi di prelievi sui neonati

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Policlinico Gemelli

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Oltre la porta a vetri dove campeggia la scritta «Ambulatorio medicina preventiva - prelievi neonati», venticinque bambini attendono di effettuare i test anti tubercolosi. Sono i primi di 1270 nati al Policlinico Gemelli dal marzo scorso che sono stati a contatto con un'infermiera del reparto Neonatologia ora malata di tbc. Arrivano con mamme e papà alle otto del mattino, a gruppi da cinque. I genitori attendono tesi che spuntino dalla corsia i dottori, impauriti dalla minima possibilità di ritrovarsi un figlio infetto. Parlano tra loro. Borbottano. Poi ecco i camici bianchi. E con loro le rassicurazione. L'umore cambia. Già al telefono, quando la Asl RmE li aveva contattati per i controlli, era stato spiegato che il rischio contagio «non è giudicato elevato». Ma ora il contatto umano con il personale sanitario è una ventata di serenità. I medici spendono un quarto d'ora con ogni famiglia per spiegare le procedure e raccontare la storia di una malattia oggi quasi innocua in Occidente. «Ci sono due miliardi di casi nel mondo - dice il neonatologo del Policlinico, Enrico Zecca - e non tutti i casi portano alla malattia. Bisogna infatti distinguere tra malattia e infezione: quest'ultima in gran parte dei casi rimane latente ed è innocua perché il sistema immunitario fornisce protezione». Dondolando il passeggino le mamme ascoltano. Poi passano i piccoli ai medici e inizia il test. Un prelievo e il controllo generico per escludere i sintomi tipici della tubercolosi. Più un trattamento antibiotico preventivo con la rovamicina. Tra qualche giorno (minimo due) arriveranno i risultati delle analisi a casa. «L'infermiera che si è ammalata - spiega Zecca - faceva dei turni, quindi la possibilità che abbia avuto un rapporto con i bimbi è circoscritta a pochi minuti. Inoltre, il reparto di Neonatologia è in una ex sala operatoria con una grande aerazione. Il rischio del neonato, in ogni caso, è di acquisire il germe, non di subire un'infezione tubercolare. Certo, se qualcuno sarà positivo ai test bisognerà poi fare delle radiografie al torace e procedere con le cure. Ma non siamo nell'800, qui si parla dell'anticamera dell'anticamera dell'infezione tubercolare». Ulteriore rassicurazione: sono stati già effettuati i test sul personale medico che è stato a contatto con l'infermiera e tutti sono risultati negativi. I genitori escono sereni da questa prima giornata di esami. I bambini controllati sono italiani, ma anche romeni, filippini e sudamericani (al Policlinico il 30 per cento dei parti riguardano donne straniere). E non tutti sono di Roma. Alcuni convocati, infatti, arriveranno tra qualche giorno nella Capitale per effettuare i test, come nel caso di una mamma che, dopo aver partorito nel marzo scorso, si è trasferita a Venezia. Intanto i primi bimbi vanno via dal Policlinico dormendo in passeggino con mamma e papà a «scortarli». «Sono stati bravi i medici ad avvertirci in tempo», dice una signora. «Ma io una cosa del genere in una struttura come il Gemelli non me la sarei immaginata», fa Claudia mentre va via. Oggi all'ambulatorio arriveranno altri 25 piccoli nati. Sarà così tutti i giorni fino all'esclusione dell'ultimo caso a rischio. Daranno una mano a effettuare le diagnosi, appena la Asl RmE darà l'ok, anche lo Spallanzani e il Bambino Gesù, dove è spuntato un bimbo, nato 5 mesi fa al Gemelli, con la tubercolosi. Se questo caso è direttamente collegato all'infermiera ammalata è ancora un mistero. Di sicuro i medici invitano alla calma. L'obiettivo è evitare di trasformare un maxi controllo in una psicosi estiva.

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