Un immondezzaio lungo otto chilometri
Un'altra «donna immagine» della cartografia romana sporcata dalla monnezza. Dopo la Cassia bis, dopo la Pontina, i recidivi del rifiuto spostano la bandierina sull'Aurelia, suo malgrado preferita, da qualche settimana, alle tante stazioni ecologiche che pur punteggiano Capitale ed hinterland. Da caso isolato a brutta abitudine, quella di scambiare piazzole e sedi stradali per pattumiere: mentre enti ed istituzioni giocano al domino di responsabilità sul «giallo pulizia», le maggiori consolari di Roma offrono ad automobilisti e residenti una visione allucinata. Un'inedita e poco lusinghiera versione "alla napoletana" quella dell'Aurelia in questi giorni. "Eletta" discarica dei rifiuti extralarge, lastricata di copertoni di gomme, lavandini, frigoriferi e materassi, arredi e scarti edili. I tornanti delle rampe, costellati di ogni genere di scarto ingombrante, perdono i contorni. In più tratti, per esempio al chilometro 18, in entrambe le direzioni, le montagne di immondizia risultano tanto estese da sconfinare nella carreggiata, rendendo di fatto impossibili eventuali soste o manovre. Tanto verso Roma quanto verso Civitavecchia, le «zone franche» sono state individuate per lo più in prossimità delle rampe di accesso ed uscita, o sui cavalcavia adibiti all'inversione di marcia. Non solo sacchetti domestici: tra poltrone e carcasse di tv spuntano anche liquidi infiammabili ed eternit, abbandonati lì, ad un passo da pascoli e campagna coltivata. Cumuli di rifiuti che si snodano lungo le corsie di transito anche per diversi metri, in particolare tra il chilometro 18, all'altezza dello svincolo di Castel di Guido, ed il chilometro 25, in prossimità di Aranova. Otto miglia di vergogna. Da non sottovalutare poi l'aspetto igienico-sanitario. I rifiuti domestici chiusi nei sacchetti di plastica, complici le temperature torride, sembrano putrefatti. L'odore è nauseabondo. Ed i topi, come nel caso del sottopasso che collega il centro di Aranova all'Aurelia, hanno già marcato il territorio. Q ueste zone, lo sapranno bene i professionisti dello "scarico facile", non sono provviste di sistemi di videosorveglianza. Cogliere sul fatto i trasgressori, come hanno più volte fatto notare gli agenti interpellati sul caso simbolo della Cassia, anch'essa sommersa dai rifiuti ingombranti, non è poi così facile. L'ammenda si aggirerebbe poi intorno ai 130 euro, probabilmente troppo poco per fungere da deterrente. Infine il nodo pulizia. In altre situazioni simili, è il caso come detto della Cassia bis, le prese di posizione ondivaghe di Anas, Regione e Astral non hanno contribuito ad una soluzione definitiva del problema. Chiamata in causa, la Regione - come anche Astral - declinava ogni responsabilità rifacendosi sulla Provincia. Che a sua volta rimandava alla Regione. Risultato: un nulla di fatto, quanto meno se si ragiona sul lungo termine. Nel caso della Cassia, infatti, pur essendosi la Provincia fatta carico della pulizia straordinaria delle piazzole, i rifiuti sono tornati col finire della fase emergenziale.