Erica Dellapasqua «Non si è mai goduto la vita, mai, ha sempre lavorato, giorno e notte a sputare sangue in quel distributore.
Massimilianoha perso lo zio, mentre il padre è ancora sotto i ferri a lottare tra la vita e la morte. La pallottola che gli ha perforato un polmone è stata estratta, ma il peggio non è scongiurato. «La situazione di Carlo è molto grave», riduce al minimo le speranze il medico che ha eseguito l'intervento nel raggiungere i parenti dei fratelli Cuomo, stretti nel dolore fuori dal pronto soccorso del San Camillo. Una tragedia che ha travolto due famiglie e quattro ragazzi, i figli di Mario e Carlo, che non sanno darsi pace: «Quelli li devono trovare, giuro su Dio che altrimenti li trovo io», urla di rabbia Massimiliano mentre i carabinieri lo avvicinano alla ricerca di qualche dettaglio, magari all'apparenza insignificante, che possa invece rivelarsi utile alla ricostruzione della rapina dall'epilogo più nero. I familiari, inchiodati alla porta d'ingresso del pronto soccorso, cercano di ripercorrere quanto successo: «Perché aggredire il rapinatore, perché non gli ha dato solo quello che volevano? - si chiedono straziati dall'angoscia pensando a Mario, il fratello che ha reagito al suo aggressore finendo a terra in un lago di sangue - hanno lavorato tutta la vita, non può finire così». Grandi lavoratori i fratelli Carlo e Mario Cuomo, rispettivamente 56 e 62 anni. Mario, morto pochi minuti dopo l'agguato durante la corsa verso l'ospedale, proprio ieri aveva festeggiato il compleanno. Ciò, in ogni caso, non lo aveva distolto dagli impegni. A Cerenova, la frazione dove le famiglie vivevano da anni, lo ricordano del resto così, come un uomo senza vizi, dedito alla sua attività. Attività ereditata dal padre a qualche passo da casa, che impegnava anche la moglie e i due figli, Alessandro e Andrea, che si dividono tra il bar del distributore teatro della rapina e il tabacchi poco distante. «Li conoscevamo bene - la notizia ha lasciato tutti di ghiaccio a Cerenova - bravissime persone. Entrambe le famiglie si vedevano spessa a messa, frequentavano sempre la parrocchia, la moglie di Mario era anzi molto impegnata su questo fronte, cercava di dare il suo contributo tramite la Caritas. Siamo sconvolti». Nell'attesa, parenti e amici si interrogano su perché che non avranno mai risposta: «I rapinatori sono arrivati sulla moto e già sapevano dove andare, verso il bar. Quelli ci tenevano d'occhio da tempo». E poi i dettagli, scavano nella memoria alla ricerca di qualche appiglio: «Non sappiamo ancora se erano italiani o no, ma i carabinieri hanno già sentito i vicini, speriamo che abbiano visto qualcosa». Ma il pensiero torna sempre a Carlo, l'unico che potrebbe scrivere, se possibile, un epilogo meno agghiacciante di questa vicenda. Non sa del fratello, «quando ha chiesto come stava gli abbiamo detto di non preoccuparsi, che c'erano i medici con lui». La notizia che Mario non ce l'ha fatta sarebbe stata un altro colpo troppo duro da sopportare. La pallottola che gli ha perforato un polmone, nonostante nella prima parte dell'intervento non ci siano state complicazioni, potrebbe rivelarsi fatale. Fino a ieri sera, i medici non avevano ancora sciolto la prognosi, le sue condizioni in ogni caso fin dall'arrivo al pronto soccorso sono apparse disperate.