Umberto I da terzo mondo
Rimboccarsi le maniche non basta a smaltire le file ai pronto soccorso. E quando si è in pochi, darsi da fare non evita nemmeno i decessi. Per questo Marino indagherà anche sulle condizioni di lavoro al pronto soccorso del San Camillo, dove è morta un'anziana dopo 21 ore di attesa. In due anni a Roma sono già 26 i casi di presunta malasanità da pronto soccorso finiti sotto la lente d'ingrandimento della Commissione parlamentare errori sanitari, come quello dell'anziana di 82 anni, colpita da ictus, cui è stato attribuito un codice verde, morta il 16 luglio dopo 21 ore di attesa al San Camillo. «L'attribuzione di un codice verde mentre era in corso un ictus e il lunghissimo tempo d'attesa cui la signora Puglielli è stata sottoposta prima di venir ricoverata nel reparto di medicina d'urgenza, impongono un approfondimento sulla situazione in cui si trovano ad operare i medici e gli infermieri del pronto soccorso del San Camillo, soprattutto in un momento delicato come quello delle ferie estive, in cui aumentano i ricoveri e diminuisce la disponibilità di personale». È quanto ha dichiarato il presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario, Leoluca Orlando, che ieri ha chiesto una relazione alla governatrice Polverini e al dg Morrone sul decesso dell'anziana e che indagherà anche «sulla complessiva situazione del pronto soccorso» del S. Camillo, «con particolare riferimento alla dotazione di personale». I tempi di attesa nei Dea sono biblici un po' ovunque. Ieri Marino ha fatto un sopralluogo all'Umberto I. «Al Policlinico abbiamo trovato persone in attesa di ricovero da 48 ore» ha riferito Marino ricordando che «al pronto soccorso dell'Umberto I vengono registrati 375 accessi al giorno, in pratica 137mila all'anno. In alcuni casi la cifra è il doppio rispetto ad altri ospedali. E l'accoglienza per i pazienti è disagevole. La Commissione d'inchiesta deciderà quali autorità regionali convocare perché c'è necessità di spazi, attrezzature e di risorse umane». Marino ha precisato che «il personale dell'ospedale cerca di fare il possibile per evitare condizioni da Terzo mondo». «Si va da un minimo del 30% di personale precario nelle aree di emergenza al 90% nei Dea pediatrici. Spesso si superano i 10 anni di servizio da precario. In oncologia pediatrica e nei Dea lunghe attese e niente privacy. Tutto questo a fronte di volumi edilizi dismessi e aree ampie nel Policlinico».