Il nuovo mercato divide Testaccio
«Alla fine a piazza Testaccio arriveranno le transenne». Il signor Vittorio è seduto davanti al banco del macellaio. Due chiacchiere con i commercianti del mercato rionale senza aspettare nessuno, solo che passi il tempo. «Perché qui a Testaccio - racconta - la vita si vive in piazza». E al signor Vittorio l'idea che quella piazza chiuda, «perché vogliono spostare i banchi al mercato coperto tra via Galvani e via Volta», proprio non va giù. «Lì ci potevano costruire case per i giovani - dice, a voce alta - Il vero mercato è questo. Dopo che ci faranno?». «La questione del "dopo" è un bel problema», spiega Mariano Morra, architetto e tra i fondatori dell'associazione "Testaccio in piazza". «Quando il Comune avviò il progetto di trasferire il mercato di piazza Testaccio in una struttura al coperto, parliamo del 2003, nessuno pensò a cosa fare della vecchia area mercatale». E infatti oggi, a tre mesi dalla tanto rinviata inaugurazione di Porta Futuro, non esiste ancora un piano per il restyling del quadrilatero tra via Bodoni e via Manuzio. «Sarà chiuso fino a data da destinarsi». Ma alle transenne i Testaccini non ci stanno. Dall'autunno 2010 hanno organizzato incontri, raccolto le idee dei residenti e, grazie all'aiuto di sei tecnici, disegnato i progetti per una piazza Testaccio del futuro. «L'obiettivo della nostra associazione era quello di tradurre i desideri della gente - dice Morra - Alla fine abbiamo ottenuto molto di più: abbiamo messo in moto un sistema di progettazione partecipata che è un caso quasi unico in Italia. Una buona prassi, un progetto per cui oggi collaboriamo anche con alcune università». Oltre alle idee, però, servono i finanziamenti. Il primo vero segnale dall'amministrazione capitolina è arrivato a quattro anni dall'inizio dei lavori per il nuovo mercato, che sarà in concessione alla società Geim spa di Giancarlo Caporlingua. «Per ora siamo riusciti a stanziare 890 mila euro grazie a due voci di spesa inserite nel bilancio 2011, da poco approvato», spiega Alessandro Cochi. «Per quanto riguarda le idee dei residenti - continua il consigliere Pdl di Roma Capitale - bisognerà avviare un confronto con i rappresentanti delle istituzioni: è bello che ognuno abbia disegnato la propria piazza, ma i motivi vincolanti sono stabiliti dalle delibere comunali e per la riqualificazione c'è un iter da rispettare». Anche dopo il primo finanziamento, «non sufficiente, ma una base per iniziare a pensare al progetto», dicono i residenti, i nodi da sciogliere sono ancora tanti. Il primo riguarda la cosiddetta «messa in sicurezza» di piazza Testaccio, inserita nel contratto con la Geim e che consiste nello smantellamento della ex area di mercato. «Non si prevede anche una bonifica della zona - segnala l'architetto Marco Delli Veneri - Immaginiamo di levare bancarelle che sono lì da sessant'anni e che vendono carne, frutta e verdura. Cosa si può trovare sotto? Topi, nella migliore delle ipotesi». La lunga tradizione del mercato Testaccio, poi, pone un altro problema. «I banchi sono coperti da una struttura di cemento, ferro e vetro che, superati i cinquant'anni dalla costruzione, diventa di competenza della Sovrintendenza ai monumenti. La sua demolizione - conclude Delli Veneri - allunga i tempi di inizio dei lavori e lascia la piazza alle transenne e alla sporcizia». Infine c'è la questione dei costi: i nuovi box al coperto costano quasi il triplo rispetto ai vecchi, perché saranno più ampi e con maggiori servizi, e soprattutto perché saranno gestiti da un soggetto privato per i prossimi 30 anni. «Un'opportunità di catturare un'utenza diversa e più ampia», secondo l'assessore al commercio Davide Bordoni, ma anche una spesa che ha scoraggiato alcuni dei negozianti più anziani che non si sposteranno e finiranno col chiudere. «La storia di tre generazioni della mia famiglia si è svolta in questi pochi metri quadri» racconta Cesare, macellaio e vice presidente del mercato. «Con questa piazza chiude anche un capitolo della mia vita».