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Una sola passione La divisa dei parà

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Davidtradito dalla sua stessa passione. «Si vantava di fare il militare, quando veniva al bar me lo diceva sempre, chiedeva se sapessi che lavoro faceva. Dopo avergli risposto che lo ripeteva sempre, e che quindi tutti sapevano che era un parà, voleva la cremina nel caffè. Era il nostro rito»: la barista del Moka Cafè, a pochi passi dalla casa che David divideva con la mamma e il fratello, lo ricorda come lui avrebbe voluto essere ricordato, come un militare. Una scelta che la madre Annarita, così come il padre Stefano, faticavano ancora ad accettare, nonostante fossero ormai passati anni dalla sua prima missione. «Ma lui non ne voleva sapere di lasciare - conferma il vicino di casa della famiglia, Nicola - tornava in congedo per qualche settimana ma non avrebbe voluto restare in Italia. La mamma era preoccupata, ce lo diceva, sperava che cambiasse lavoro, e forse aveva ragione lei». Un ragazzo a modo, gentile ed educato, espansivo, dinamico e interessato a mille cose: così lo descrivono gli amici di sempre. Ed è del resto ciò che emerge dal profilo personale di Facebook, il suo canale di contatto con la famiglia, oltre che col mondo. Si diceva fan degli Oasis, dei Doors, di Rino Gaetano e dei Queen. «Molti interessi ma poco praticati», scriveva sul profilo. Forse si riferiva al nuoto, e alla palestra: «Faceva sport ogni volta che poteva, ogni volta che tornava a casa», conferma la barista. Ma in vetta alle preferenze sempre l'esercito, come occupazione aveva taggato «forze speciali». Sul social network in poche ore sono già nati due nuovi gruppi per ricordare David, «Onore al caporal maggiore» e «David Tobini un altro angelo eroe di pace». Le attestazioni di solidarietà, così come i commenti sull'opportunità della missione in Afghanistan, hanno affollato il sito. Sconosciuti e amici, tutti vicini alla famiglia: «Ciao angelo, buon viaggio», scrive Ciro. Più critica Giuliana: «Ma quanti ne dovranno ancora morire? Sono vicina al vostro dolore, ciao eroe David». «Sono un militare, oltre che suo vicino di casa - è venuto a portare le condoglianze alla mamma anche il signor Tonino - lo conosco fin da quando era bambino, un ragazzo d'oro». È dello stesso parere Enrico, un amico di famiglia: «Era laziale - non trattiene le lacrime - quando era in congedo passavamo ore a battibeccare sulle partite. E dire che era lui a rassicurare sempre noi, a dire di non preoccuparci. È vero, sapeva di essere in guerra, ma non credeva di morire, non se lo aspettava, ne sono certo». Eri. Del.

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