Uomo di fiducia di De Pedis, telefonista del caso Orlandi
.Giuseppe De Tomasi, nonostante i problemi di salute, ha continuato le sue attività. Processi e condanne non lo hanno mandato in pensione. Lontani gli anni d'oro quando lui era l'«uomo dei soldi» che tra Piazza del Monte e Piazza Re di Roma «movimentava» il denaro della Banda della Magliana. De Tomasi detto «Sergione» per gli amici, «Chiattone» per i nemici vista la sua mole, era legato a Enrico, detto Renatino, De Pedis. Sempre elegante, anello con brillante all'anulare, bastone con pomo d'argento e andatura traballante, De Tomasi maneggiava polizze del Monte di Pietà, brillanti e Rolex e non ha mai disdegnato di prestare soldi, attività molto redditizia nella vecchia Roma dei rioni. In quel tempo lontano, siamo negli anni settanta del secolo scorso, Domenico Balducci altro boss della Magliana, aveva un negozio di elettrodomestici a Campo de' Fiori dove in vetrina occhieggiava un cartello «Qui si vendono soldi». «Sergio» De Tomasi era uomo di fiducia per tutta la banda e per i Testaccini in particolare. A lui, come è emerso dall'operazione Colosseo e dal successivo processo istruito dai magistrati Lupacchini e De Gasperis, erano affidate le società di comodo attraverso le quali i boss della Magliana investivano i proventi dei loro traffici illegali. Così attraverso la Centro storico srl, De Tomasi divenne proprietario del Jackie'O, il famoso locale di via Boncompagni. È lì che De Tomasi organizzò il rinfresco per il matrimonio dell'amico De Pedis con Carla Di Giovanni. Un'amicizia che andava oltre gli affari. Carlo, il figlio di Sergione finito in manette ieri, è dall'infanzia amico di Marco il fratello più piccolo di Renatino De Pedis e Luciano, fratello più grande del boss rilevò un ristorante in precedenza gestito da De Tomasi. Legami stretti che, secondo gli investigatori della Mobile romana, portano al coinvolgimento di De Tomasi nel sequestro di Emanuela Orlandi. È la periza fonica a incastrare i De Tomasi padre e figlio. Carlo è l'autore della telefonata a «Chi l'ha visto?» nel 2005 nella quale si invitavano gli inquirenti a vedere chi fosse sepolto nella cripta della Basilica di Sant'Apollinare se si voleva risolvere il giallo della cittadina vaticana scomparsa. Sempre una perizia fonica mette in evidenza che il padre Sergione De Tomasi, spacciandosi per «Mario» chiamò il 28 giugno 1983 la famiglia Orlandi. Sergione De Tomasi ha poi chiamato il 3 maggio 2010 la trasmissione della Sciarelli per ribadire la sua estraneità al caso Orlandi. Stessa versione fornita al procuratore Giancarlo Cataldo e al pm Simona Maisto. Gli investigatori sono andati avanti e cercando la verità su Emanuela Orlandi hanno scoperchiato il business di «Sergione».