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Delitto dell'Olgiata, a 20 anni dall'omicidio il marito scrive una lettera ai quotidiani

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Delitto dell'Olgiata, Alberica Filo della Torre e il domestico filippino Winston Manuel Reves

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Venti anni fa moriva, uccisa nella sua villa all'Olgiata, e oggi con una lettera pubblica il marito Pietro Mattei ha voluto ricordare sua moglie la contessa Alberica Filo della Torre. Un delitto che, rimasto nel mistero per anni, ha trovato quest'anno la svolta con il fermo e la confessione del l'ex domestico filippino, Manuel Winston Reyes. Reo confesso, l'uomo è in attesa del giudizio immediato. «Cara Alberica - scrive il marito nel messaggio pubblicato acquistando uno spazio su diversi quotidiani con una grande foto della contessa sorridente - venti anni fa una mano assassina ti strappò alla vita, distruggendo quel sogno che tanto avevamo desiderato e poi costruito con amore: la nostra famiglia» «In questi anni da lassù - ricorda Mattei - mi hai dato la forza di proteggere i nostri amati figli Manfredi e Domitilla, e di respingere quanti hanno offeso la tua memoria con assurdi e torbidi teoremi, oggi finalmente crollati. Quanto ho fatto non è nulla rispetto alla gioia che mi ha dato vivere al tuo fianco. Amore mio, proseguiremo il nostro cammino insieme, pieno di quelle dolci parole che ci siamo sempre detti, e che ci diremo ancora - chiude - quando ci rincontreremo. Tuo Pietro». Tutto inizia il 10 luglio 1991. La giornata è appena cominciata quando, in una villa dell'Olgiata , zona residenziale alla periferia nord di Roma, viene trovata morta Alberica Filo della Torre, 42 anni, nobildonna sposata con un costruttore della capitale, Pietro Mattei. Proprio quel giorno la coppia avrebbe festeggiato i 10 anni di matrimonio. Il corpo viene trovato nella stanza da letto. La contessa è stata strangolata dopo essere stata tramortita con un corpo contundente: si ipotizzerà uno zoccolo. Dalla stanza manca qualche gioiello e denaro. A scoprire il cadavere è la domestica filippina. Il marito, Pietro Mattei, non è in casa. La prima ipotesi che fanno gli investigatori, apparentemente la più ovvia, è quella del delitto passionale. La contessa avrebbe ricevuto nella sua stanza un uomo, un misterioso amante, sarebbe scoppiata una lite al termine della quale la donna sarebbe stata uccisa. Nessuno, però, sembra essersi accorto di nulla. La villa dell'Olgiata , a quell'ora del mattino, tra le 8.45 e le 9.10, è piena di gente: due domestici, i due piccoli figli della contessa, una baby sitter, quattro operai che lavoravano nella villa per preparare la festa che si sarebbe tenuta in serata. Il delitto suscita subito grande clamore. Ma si rivela fin dall'inizio un vero e proprio rompicapo di difficile soluzione per gli investigatori, che cominciano a battere tutte le piste e a verificare le posizioni di tutti gli estranei presenti al momento dell'omicidio nella villa, dai domestici alla ragazza alla pari straniera al marito della donna, che pur avendo un alibi di ferro viene comunque sfiorato dai sospetti. Ma poi l'inchiesta condotta dall'allora pm Cesare Martellino finisce per incentrarsi su un vicino di casa, Roberto Jacono, figlio dell'ex governante di casa Mattei affetto da lievi problemi psichici e su un cameriere filippino, Manuel Winston, indagati come principali sospettati. Sui loro indumenti vengono trovate infatti tracce ematiche che sottoposte al test del Dna danno esito negativo. Fin da subito il marito della contessa promette 500 milioni di lire in cambio di informazioni utili per risalire all'assassino della moglie. Ma passano due anni e non si arriva a nulla. Poi dal groviglio di piste ne spunta una nuova e più misteriosa e inquietante delle altre ed entrano in ballo i servizi segreti.   È l'ottobre del 1993. Si scopre che proprio uno dei più assidui frequentatori della villa dell'Olgiata , molto amico della contessa, Michele Finocchi, funzionario del servizio segreto civile, è ricercato per aver sottratto diversi miliardi alle casse del servizio. Quel 10 agosto di due anni prima, ricordano alcuni testimoni, proprio Finocchi era stato tra i primi ad arrivare sul luogo del delitto , forse addirittura prima degli investigatori. Il giallo si infittisce. Si scopre che Alberica e suo marito disponevano di conti bancari all'estero con cifre miliardarie. Di chi sono quei soldi? Le rogatorie e i viaggi del pubblico ministero Cesare Martellino, titolare dell'indagine, continuano fino al 1996. Poi il buio più assoluto. Nel giugno 2005 la Procura di Roma presenta la richiesta di archiviazione del caso, motivata dalla «mancata identificazione del responsabile dell'omicidio». Il 6 marzo del 2007 quella stessa procura dispone la riapertura del caso. Il procuratore aggiunto Italo Ormanni, affiancato dal pubblico ministero Nicola Maiorano, accogliendo le istanze dell'avvocato Giuseppe Marazzita, ritiene fondate le argomentazioni del penalista che assiste Pietro Mattei, e iscrive nel registro degli indagati per il reato di omicidio volontario Iacono e Winston.   A dare la svolta alla riapertura del caso sono gli accertamenti preliminari svolti dal Ris che danno il via libera alla possibilità di sottoporre a nuovi esami una serie di reperti che erano stati oggetto di accertamenti anche nel corso della prima inchiesta: il lenzuolo trovato nella stanza di Alberica Filo della Torre che presenta numerose e vaste tracce ematiche, i jeans di Roberto Iacono e di Winston Manuel, la cannottiera di raso bianca e un completo intimo indossati dalla vittima al momento dell'omicidio, nonchè lo zoccolo trovato accanto alla contessa, che prima di essere strangolata sarebbe stata proprio con quell'oggetto colpita ripetutamente. Ai reperti si aggiunge un orologio, custodito da Pietro Mattei, che la vittima portava al polso al momento della morte e che si sarebbe fermato quando fu aggredita. Poco più di un anno dopo, il 5 giugno del 2008, nell'inchiesta si fa strada una nuova pista. I consulenti del pubblico ministero Italo Ormanni identificano l'esistenza su un fazzoletto di carta trovato nella stanza da letto della contessa su cui è presente un dna maschile che non appartiene ai due indagati. Il 25 giugno del 2009 il gip del tribunale di Roma Cecilia Demma respinge la richiesta di archiviazione nei confronti dei due indagati e dispone nuove indagini sul caso.   Il 26 novembre dello scorso anno Emilia Parisi Halfon, conoscente del marito della contessa, fornisce un nuovo elemento e consegna ai magistrati un cellulare della contessa Alberica Filo della Torre. L'avvocato Marcello Petrelli, legale di Emilia Parisi Halfon, spiega di aver consigliato lui stesso alla sua assistita di rivolgersi ai magistrati: «Penso che la signora avesse dimenticato di aver avuto in dono questo telefonino».Al momento del ritrovamento «lei ha chiesto la mia opinione e io le ho consigliato di consegnarlo agli inquirenti. Lei - spiega il legale - lo aveva ricevuto da Mattei». Il 29 marzo scorso il domestico filippino della contessa viene fermato dai carabinieri. Al fermo gli investigatori del Ris e del reparto operativo dei carabinieri sono giunti attraverso l'esame del Dna con le tecniche più avanzate. Il 1 aprile arriva il colpo di scena. Il domestico filippino tra le lacrime fa luce dal carcere di Regina Coeli su un delitto rimasto a lungo uno dei grandi misteri italiani. Nella giornata di attesa per la convalida del fermo, Manuel Winston Reyes, il domestico filippino, ammette di aver ucciso la contessa Alberica Filo della Torre. Ammissioni per liberarsi da un "peso" che si portava dentro dalla mattina del 10 luglio 1991, quando la contessa venne trovata senza vita nella camera da letto della sua villa all'Olgiata . «Mi volevo togliere un peso che mi portavo dentro - ha spiegato il filippino - sono stato io a uccidere la contessa. Ogni volta che sentivo parlare della storia della contessa venivo assalito dall'angoscia».   A pochi giorni dalla confessione il domestico filippino cambia i difensori. La scelta cade su Walter Biscotti e Nicodemo Gentile, entrambi del Foro di Perugia. I due avvocati sono stati difensori nel processo per l'omicidio di Amanda Knox assistendo l'ivoriano Rudy Guede. Inoltre hanno rappresentato la famiglia del trans Brenda, trovato morto in via Gradoli e legali di parte civile nell'inchiesta sulla morte di Sarah Scazzi avvenuta ad Avetrana. Rappresentano la madre della ragazza. Alla prima traccia che accusa il domenstico filippino se ne aggiungono altre. Gli investigatori del Ris trovano una traccia del dna del filippino sull'orologio Rolex che Alberica Filo della Torre indossava quando fu uccisa nella sua camera da letto all'Olgiata . Si tratta di una traccia biologica che probabilmente il domestico ha lasciato lottando con la contessa. Secondo gli investigatori la traccia è compatibile al cento per cento e quindi diventa una prova che va ad aggiungersi alle macchie rilevate sul lenzuolo con il quale la Filo della Torre fu strangolata.

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