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Il travaglio della bolletta

Disagi negli uffici postali della capitale

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Solo due sportelli su sette aperti. Così pagare la bolletta dell'energia elettrica diventa un incubo. Con un attesa interminabile, anche più di due ore prima che venga il proprio turno. È il racconto di una mattina trascorsa davanti agli sportelli della filiale di Unicredit in piazzale Ostiense, dove si possono pagare le bollette di Acea Energia. Abbiamo seguito un utente che doveva saldare una bolletta già scaduta. L'avviso di Acea lo invitava a pagare tramite conto corrente postale o presentandosi direttamente agli sportelli di piazzale Ostiense. Tempo cinque giorni, altrimenti la fornitura sarebbe stata tagliata. Il nostro cliente, per evitare ritardi nella comunicazione del pagamento, ieri mattina ha scelto di presentarsi di persona agli sportelli vicino alla stazione. La scelta però non è stata delle più azzeccate rivelandosi un viaggio nei gironi danteschi. Alle 11 la sala d'attesa era strapiena. Non c'erano più posti a sedere. Il nostro utente Acea ritira il proprio biglietto: numero: 182. Siamo ancora al 115. Cinque sportelli sono chiusi. Solo due aperti. La fila aumenta di minuto in minuto. Le persone anziane iniziano a boccheggiare. Su quattro condizionatori solo due funzionano e l'aria esce flebile. A mezzogiorno la situazione peggiora. Non si può più entrare, la guardia giurata chiude la porta d'entrata e l'aria smette di fare corrente. L'afa aumenta. Chi vuole uscire a sgranchirsi le gambe è costretto a restare nella sala d'attesa. C'è chi non ne può più: «È dalle 9,30 che sono qui - dice un anziano - e non so quando uscirò. Non ce la faccio più». C'è chi ci scherza su: «Chiamiamo Berlusconi - dice una settantenne - Magari viene qua e risolve la situazione come fece con i rifiuti a Napoli». Alle 13.15 il cassiere di uno dei due sportelli attivi chiama il numero 182. Sono passate due ore e un quarto. Il nostro utente può finalmente pagare le bollette. Chiede al cassiere: «Cosa è successo? I suoi colleghi sono in ferie?». Lui scuote la testa rassegnato: «Siamo quelli che vede, facciamo il possibile».

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