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Millantatori professionisti

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Faccedi bronzo da far concorrenza al principe de Curtis in «Totò truffa». Lui, il comico, cercava di vendere la Fontana di Trevi a un turista italo-americano. Loro, i truffatori veri, si vantavano di poter far acquistare persino il palazzo di San Vitale, che ospita la Questura capitolina. E poi ville, auto di lusso e appartamenti che venivano promessi nell'ambito di aste giudiziarie e per i quali i compratori pagavano un congruo anticipo, ritrovandosi poi a mani vuote e senza denaro. Un'attività stroncata dagli agenti della divisione anticrimine diretti da Giuseppe Miglionico in un'operazione coordinata dal vicequestore aggiunto Letizia Mandaglio, che ha permesso di porre sotto sequestro beni per due milioni e mezzo di euro. Sei persone sono state iscritte sul registro degli indagati con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata a estorsione, usura, millantato credito, truffa, falso, ricettazione e riciclaggio. Il blitz battezzato «La truffa è servita» parte da un'altra operazione della Polizia, «il gioco è fatto», che risale all'anno scorso. Alcuni degli indagati all'epoca erano stati colpiti da un'ordinanza cautelare ed erano considerati soggetti con un elevata pericolosità sociale. Come F.D. 45 anni, romano ma originario di Sciacca ed ex proprietario di un ristorante a Grottaferrata. Era considerato la mente della banda e vantava amicizie fra giudici e avvocati tali da garantirgli, assicurava, l'acceso ai beni sottoposti ad asta giudiziaria. Balle, ovviamente. Tutti gli immobili erano descritti come soggetti a credito vantato da qualche banca. E tra i pezzi in vendita c'erano il palazzo della Questura, la Coin di via Cola di Rienzo e l'ex villa dell'ex calciatore giallorosso Cafù. A fare da spalla a F.D. era il romano S. L., di 55 anni, intestatario degli assegni incassati dalla gang. La polizia ha ricevuto una quindicina di denunce su altrettante compravendite. Le vittime erano persone normali, qualche volta liberi professionisti, piloti di compagnie aeree, impiegati. Una ragazza che aveva acquistato una vettura di grossa cilindrata e non riusciva più a pagare le rate, ad esempio, aveva venduto l'auto a un membro dell'organizzazione. Risultato: era rimasta senza macchina e con le rate ancora sulle spalle. La banda aveva contatti con i Casalesi e i Casamonica e non si faceva scrupolo di truffare anche amici di vecchia data e familiari. I sei abitano tutti fra Ostia, Infernetto e Acilia. Nei loro confronti è stato proposto al Tribunale il regime di sorveglianza speciale e i beni sequestrati sono stati affidati all'amministratore giudiziario: in attesa della confisca, i proventi della loro gestione andranno allo Stato.

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