«Quei bastardi adesso devono restare in carcere»
Chiedonosolo giustizia, quei bastardi devono finire in carcere». Lo sconcerto e l'incredulità iniziali cedono comprensibilmente il passo alla rabbia. È lapidario il cugino di Alberto, anche ieri nella sala d'attesa del Dipartimento Emergenza dell'ospedale San Giovanni con le mani in segno di preghiera e gli occhi rivolti al cielo: «Spero, speriamo tutti che ce la faccia, la parola morte non vogliamo neppure sentirla». È ancora gravissimo Alberto. Condizioni stazionarie, ripetono i sanitari. Ciò che, per quanto possibile, incoraggia famigliari e amici. Nel tardo pomeriggio saranno stati una cinquantina tra ingresso e reparto del San Giovanni. La «staffetta» all'ospedale non si è interrotta neppure un attimo: inchiodati alle sedie del corridoio, con la scorta di merendine e qualche cambio per la notte, nessuno lascia solo Alberto, «Lui sente che siamo qui – si consola il cugino – Vogliamo anche fargli ascoltare la sua musica preferita, non appena i medici ce lo permetteranno lo faremo, in tanti dicono che aiuta. Sono state dette tante cose sbagliate su di lui, non c'è stata nessuna morte celebrale, e non abbiamo neanche mai parlato di espianto di organi. I genitori non vogliono sentir parlare di morte, sono argomenti che non hanno mai affrontato». Ovattati dai no comment di amici e conoscenti, i familiari ieri hanno chiesto che venisse rinviata la veglia musicale in programma per questa sera nella chiesa Madonna dei Monti: la fiaccolata, tramite il tam tam su Facebook, aveva raggiunto quasi tremila adesioni. Oscurato anche il sito del musicista su Myspace: spariti foto, commenti, cancellate le frasi con cui lui stesso si era raccontato. Evidentemente l'impressione è che la famiglia voglia, per quanto possibile, arginare lo tsunami mediatico che l'ha investita. Anche la direzione sanitaria dell'ospedale, del resto, nel tardo pomeriggio di ieri ha comunicato la volontà di parenti e amici di non aggiornare la stampa sulle condizioni di salute di Alberto.