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Tre anni al picchiatore con il casco

L'aggressore con il casco, Manuel De Santis

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Due anni di galera è troppo poco per il suo gesto. Per quello che ha fatto la pena deve essere più alta: tre anni di carcere. È questa, infatti, la condanna inflitta dal gup a Manuel De Santis, il ragazzo di 20 anni che il 14 dicembre scorso, durante gli scontri nel centro della città, ha sferrato una "cascata" contro un altro giovane. È questa la decisione presa dal gup Silvia Castagnoli al termine del rito abbreviato, scelto dall'imputato per essere giudicato sul reato di lesioni gravi. Il pubblico ministero Luca Tescaroli aveva chiesto al giudice di infliggere due anni di reclusione all'apprendista pizzaiolo. Una pena che però il gup ha ritenuto troppo bassa rispetto al suo comportamento, decidendo quindi di aumentare la condanna di dodici mesi. Non solo. Il giovane dovrà restare anche agli arresti domiciliari: il gup non ha infatti revocato la misura cautelare. Ha però concesso a Manuel De Santis di andare a lavorare tutti i giorni, esclusa la domenica, dalle 15 alle 22,30. Era il giorno del voto di fiducia al governo quando l'imputato ha colpito alla testa un ragazzino di 15 anni con il casco, procurandogli, tra l'altro, una frattura nasale scomposta. Fu lo stesso Manuel a scrivere alla procura che era stato lui a colpire il minorenne, spiegando che si era trattato di un gesto d'istinto per cercare di evitare scontri, disordini e lancio di oggetti contro le forze dell'ordine. De Santis, prima di essere condannato, aveva già risarcito la famiglia del minore con 25 mila euro. La scena dell'aggressione con il casco era stata ripresa dalle telecamere. Il 20 dicembre, sei giorni dopo gli scontri nel cuore della Capitale, il ragazzo ha visto su gran parte degli gli organi di stampa la sua immagine, decidendo così di assumersi tutte le responsabilità di quel gesto. Il quindicenne, Cristiano C., all'epoca dei fatti, disse che di quell'episodio non ricordava quasi niente: solo di essere caduto in terra, di essere stato soccorso da alcuni studenti di Medicina che erano vicino a lui e trasportato in ambulanza verso l'ospedale più vicino. Nei giorni successivi, la famiglia di Manuel chiese di poter incontrare quella di Cristiano.

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