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Pambianchi nega tutto. Mai preso soldi in nero

Il presidente della Confcommercio Roma Cesare Pambianchi

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Non ha preso soldi in nero. Non ha mai compiuto attività illecite nella sua qualità di commercialista. E quindi non si sarebbe messo in tasca i 12 milioni di euro che gli contesta la procura. Il presidente della Confcommercio Roma, Cesare Pambianchi, arrestato nell'ambito dell'inchiesta sulla presunta evasione fiscale di circa 600 milioni di euro, ieri nel carcere di Regina Coeli ha risposto per due ore alle domande del giudice per le indagini preliminari Giovanni De Donato, respingendo tutte le accuse riportate nell'ordinanza di custodia cautelare. Una scelta processuale che non è stata invece seguita dal collega-commercialista del suo studio, Carlo Mazzieri, assistito dall'avvocato Bruno Assumma, che ha infatti scelto di non rispondere alle domande del gip e quindi di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il presidente di Confcommercio, assistito dagli avvocati Gianluca Tognozzi e Luigi Fischetti, ha risposto ai fatti contestati nel provvedimento cautelare, sottolineando la sua totale estraneità alle imputazioni. «Non ho incassato compensi milionari in nero da titolari di aziende e imprese interessati a evadere il fisco - ha detto Pambianchi al giudice - la mia attività professionale non ha nulla a che vedere con i miei incarichi istituzionali». Il commercialista, dunque, non avrebbe effettuato alcuna attività illecita mirata a portare all'estero società con l'obiettivo di non rischiare di finire sotto processo per bancarotta fraudolenta. Il presidente della Confcommercio ha detto al gip che l'attività di commercialista svolta nel suo studio dei Parioli, del quale è socio insieme con Carlo Mazzieri, non ha nessun punto di contatto con gli incarichi istituzionali che ricopre da tempo. Per ora, comunque, la difesa dell'indagato non ha presentato al giudice per le indagini prelimianari la richiesta di scarcerazione. «Prima di prendere iniziative - spiegano i penalisti Tognozzi e Fischetti - attendiamo la fine degli interrogatori di garanzia che avverrà domani (oggi ndr.), quindi valuteremo quali istanze presentare ai pubblici ministeri». Ieri nel carcere di via della Lungara molti degli indagati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Una decisione presa dai legali proprio per cercare di esaminare nel dettaglio le quasi 700 pagine di ordinanza di custodia cautelare. Altri indagati, invece, hanno deciso di chiarire le rispettive posizioni processuali durante l'interrogatorio di garanzia. Tra questi, il promotore finanziario Davide De Caprio. «Di tutto quello che leggo in questa ordinanza di custodia - avrebbe affermato al giudice De Donato - non so nulla. Lo studio di Mazzieri era per me una garanzia. Era uno dei più importanti d'Italia, mai avrei pensato che per i pochi clienti che mi hanno presentato in meno di due anni sarei finito nei guai». De Caprio, che ha negato di aver mai conosciuto Pambianchi, ha poi dichiarato al giudice De Donato: «Non ho mai gestito direttamente soldi, lavoro su provvigione, la mia unica fonte di reddito è la banca a cui porto il cliente. Delle società per cui ho curato un conto titoli sapevo quel che mi era stato riferito da Mazzieri». Quella di oggi, infine, sarà un'altra gioranta di interrogatori: entro due giorni inizieranno anche quelli delle persone soggette a provvedimenti non restrittivi come il carcere o gli arresti domiciliari. Si svolgeranno infine oggi i primi interrogatori del gip di Pistoia ai quattro dei manager coinvolti nell'operazione della Finanza. Per deroga del gip di Roma, il collega Zanobini sentirà Andrea Baldi e Orazio Ferrari, soci della Roscer di Prato e Ugo Baldi e Silvano Ferrini, rispettivamente ad e presidente di Conad del Tirreno.

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