Ristrutturazioni fasulle nelle società degli evasori
Èlo schema messo in piedi, secondo l'accusa, dallo studio di commercialista di Cesare Pambianchi e Carlo Mazzieri. E che ruota intorno a un semplice principio: trasferire all'estero le aziende sull'orlo del fallimento, cancellandole dal registro delle imprese italiane. In questo modo, le società avrebbero evitato di morire in Italia: la legge, infatti, prevede che dopo un anno dal trasferimento, le aziende non possano più fallire nel nostro Paese. Un escamotage che avrebbe permesso agli imprenditori, se non fossero stati scoperti, di evitare la bancarotta fraudolenta: un reato per il quale sono previsti dai 3 ai 10 anni di reclusione. Se il principio è semplice, il meccanismo posto in essere da Pambianchi e Mazzieri è invece abbastanza complesso. Innanzitutto, lo Studio consigliava alle aziende dei suoi clienti, con grandi debiti verso il fisco, di ricorrere alla Commissione Tributaria, lo strumento giudiziario di protezione del contribuente. Erano ricorsi strumentali, il cui solo scopo era rallentare la riscossione tributaria. Nel frattempo, lo Studio progettava le ristrutturazioni delle società degli imprenditori-evasori. Anche in questo caso, si trattava di ristrutturazioni fasulle, consistenti in realtà nello spolpamento della parte attiva, sana, delle aziende indebitate. Un risultato ottenuto creando nuove imprese, verso le quali poi venivano spostati beni patrimoniali e le parti in attivo delle società in rosso. Come? Con il metodo più vecchio del mondo: una serie di cessioni e vendite fasulle, a suon di fatture false. In pratica, le nuove società fingevano di comprare dalle vecchie beni immobili, merci in magazzino e quant'altro ci fosse di valore, senza pagare nulla. Un trucco che, mettendo a bilancio delle nuove imprese pagamenti mai fatti, aveva anche l'ulteriore effetto di abbattere il reddito di impresa e imposte collegate delle nuove società, che avrebbero continuato l'esercizio delle attività imprenditoriali. Le imprese spolpate, invece, erano pronte per essere portate oltre confine. Lo Studio si occupava anche di quest'ultimo dettaglio, reclutando cittadini inglesi, rumeni, bulgari o cinesi – ma anche qualche italiano – per fare da prestanome. E poi trasferiva in modo sistematico all'estero le aziende morenti. I Paesi prediletti: Bulgaria, Spagna, Regno Unito e addirittura Perù e Venezuela. Oltre l'oceano, pur di non pagare.