Lacrime e disperazione al funerale di Cohen Ancora caccia al killer
Alcimitero Verano si sono svolti i suoi funerali religiosi. La Comunità ebraica di Roma (Cohen era un ebreo nato a Tripoli e arrivato in Italia dopo aver vissuto per anni in Israele) si è riunita in massa per stare vicina alla famiglia. Lacrime. Dolore. Disperazione. Le preghiere durante la funzione sono state più volte interrotte dai pianti di parenti e amici. Alcuni non hanno retto l'emozione e hanno avvertito un lieve malore. Tra gli ebrei della Capitale rimbalza una sola domanda: come è potuto succedere? Rafi, come lo chiamano gli amici, era considerato un «uomo umile», «un uomo buono», «una persona sempre felice, che sapeva dispensare a chiunque consigli e perle di saggezza». Era noto, soprattutto tra gli ebrei originari della Libia, perché in qualità di «Cohen» svolgeva anche alcune funzioni esclusive durante le cerimonie ebraiche. Saranno i suoi figli Sami, Roy e Ioni, che portano lo stesso cognome sacerdotale, a prendere il suo posto. Ma ieri era il giorno delle lacrime. Il presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, ha detto di «confidare nella giustizia che farà il suo corso. Oggi siamo qui a pregare per un uomo umile, non urliamo, e mai lo faremo, una richiesta di vendetta nei confronti di nessuno. Vogliamo solo ricordare la grande persona che era Rafi». Intanto, sul fronte delle indagini, si continua a scavare nella storia di Cohen. I carabinieri del Nucleo investigativo di via In Selci, coordinati dal comandante del reparto operativo Salvatore Cagnazzo, stanno indagando a 360 gradi: non si esclude nessuna ipotesi. Di sicuro il killer era un professionista. Ha ucciso con una lama lunga due centimetri. Ma perché ha colpito resta un mistero.