Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Giuseppe Grifeo «Io stavo studiando, è stato mio fratello».

default_image

  • a
  • a
  • a

Lagiovane era stata colpita da tre coltellate, una alla schiena che le ha danneggiato i polmoni, una al collo che le ha leso le corde vocali e una alla guancia destra. Al policlinico Casilino è stata subito sottoposta a un lungo intervento chirurgico. Alle 13.15 un gruppo di suoi amici si raccoglie davanti al pronto soccorso mentre lei è sotto i ferri da quasi tre ore. Lacrime, disperazione, domande concitate. «Lei era fuggita sentendo che stava accadendo qualcosa. Lui l'ha rincorsa per strada e le ha dato una coltellata alla schiena - racconta una donna in mezzo al gruppo -. Poi gli altri colpi. La stanno operando, è grave ma i medici dicono che non è in pericolo». Le amiche sembrano sollevate e la tensione si scarica in un fiume di lacrime. Telefonate ai cellulari, altre domande e si avvicina un barelliere, uno degli operatori che ha trasportato la ragazza ferita in ospedale: «Ha perso molto sangue ma è stata sempre cosciente. Aveva un taglio alla gola e la guancia aperta. Non rientra nei casi disperati. Bisogna attendere». «Quello è un pazzo - rincara una delle giovani -. Adesso potrebbe commettere un'altra sciocchezza: se ha fatto questo alla sorella, immaginatevi adesso, mentre fugge, cosa potrebbe fare a un estraneo. È un pericolo mortale». In quel momento il ragazzo, autore di quel gesto di follia, scappa per la città. Si cerca di ricostruire i fatti, il gruppo sa che la mamma della loro amica è in ospedale. Vorrebbero raggiungerla, sostenerla, ma il personale medico impedisce loro l'ingresso. Il papà della loro amica sta invece in casa, dove l'accoltellatore ha ucciso la nonna. «Deve confrontarsi con la polizia - sottolinea un'altra giovane -, però ha ricevuto una telefonata da Paolo: gli ha detto che vuole uccidersi». Lontano dall'ospedale viene fuori anche il racconto di un vicino di via Pio Joris a pochi metri dalla tragedia: «Verso le 9.30 ho sentito delle urla, mi sono voltato e ho visto, lungo il vialetto d'entrata della palazzina al 122, la ragazza che urlava e correva rincorsa dal fratello. Abbiamo aperto il nostro cancello e l'abbiamo fatta entrare chiamando il 113. Era tutta insanguinata sul viso, aveva difficoltà di respirazione».

Dai blog