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Pronto il piano B per Atac Si chiama fallimento tecnico

Uno dei tram che attraversano la Capitale

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L'euforia del referendum ha toccato anche Atac. Diversi esponenti di centrosinistra hanno infatti subito messo in chiaro che le ricadute sul voto abrogativo sulla privatizzione dell'acqua bloccherà anche la privatizzazione dell'azienda capitolina. Una notizia «falsa e tendenziosa» come sottolinea l'assessore alla Mobilità, Antonello Aurigemma: «Nessuno ha mai pensato a privatizzare l'Atac», ricordando poi l'impegno siglato a marzo con i sindacati in cui si metteva nero su bianco il mantenimento pubblico al cento per cento del trasporto capitolino. Una bolla dunque esplosa subito. Ben diversa da quella che, invece, potrebbe scoppiare a breve sulla valorizzazione del patrimonio Atac, cardine fondamentale (insieme ai soldi che la Regione deve al Campidoglio) per l'intero piano di riassetto. Il censimento e il cambio di destinazione d'uso per mettere a rendita gli immobili potrebbe portare nelle casse dell'azienda 400 milioni di euro. Uno strumento indispensabile dunque ma che sta trovando ostacoli politici enormi, dentro e fuori la maggioranza capitolina. Ostacoli che al momento fanno pensare al rinvio della delibera a dopo la discussione e l'approvazione del bilancio. Già questo sarebbe tuttavia un pessimo segnale. Il provvedimento sul patrimonio Atac è stato infatti inserito negli atti propedeutici alla manvora finanziaria, così come logica e amministrazione vogliono. I numeri per far passare la delibera in Assemblea capitolina però sono troppo incerti. I consiglieri rampelliani, quelli de La Destra, l'opposizione hanno già espresso più di una perplessità sulla delibera che, secondo loro, «svenderebbe» il patrimonio immobiliare Atac. Per questo si starebbe valutando un «piano B», ovvero un «fallimento tecnico» che eviterebbe implicazioni burocratiche, giuridiche e, allo stesso tempo, consentirebbe di azzerare i conti e ripartire. Una mossa estrema, certamente, ma che potrebbe rivelarsi indispensabile. Il tempo corre e di soldi ne servono molti di più rispetto a quanto arriverà dall'accordo siglato un paio di giorni fa con le banche per il piano di rientro e che si prevede porti proprio nelle casse di Atac circa 75 milioni di euro. Una boccata di ossigeno ma saremmo sempre alla sopravvivenza.

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