Strozzato dai colleghi
Il gioco delle carte è stata la sua rovina. In due anni ha chiesto agli usurai 130 mila euro e solo di interessi ne ha restituiti 105 mila a un tasso annuale calcolato del cento per cento. Per un caso-beffa, la vittima, sposata, 50 anni, è un dipendente di una società di recupero crediti finito con la catena al collo di colleghi, loro amici e parenti che lo stavano trascinando nella disperazione. Un totale di undici presunti strozzini: quattro uomini, tra i quali anche un contabile del carcere di Torino, e sette donne (madri e mogli dei primi). L'altra mattina sono stati raggunti da misure di custodia cautelare eseguite dai carabinieri della Compagnia Trionfale, su disposizione del Gip del Tribunale di Roma. Due - a Roma e Torino - sono agli arresti domiciliari - gli altri hanno l'obbligo di firma in caserma. L'indagine dei carabinieri del maggiore Vincenzo Pascale sono partite a fine marzo. L'uomo va in caserma e racconta il suo incubo. Ammette di essere malato da gioco e spiega come ha fatto a finire nei guai. Il primo prestito di 20 mila euro lo ha chiesto a un suo collega all'inizio del 2008. A garanzia ha firmato un assegno in bianco, impegnandosi a pagare rate mensili da circa 600 euro. Le cose però si complicano da subito. Complici le continue perdite al gioco e l'alto tenore di vita a cui lui non vuole rinunciare. Così pensa di uscire dai problemi creandosene altri, chiedendo ancora soldi. Il collega non dispone di nuovi capitali e si rivolge a un amico. È il primo anello della catena. Le condizioni sono le medesime. In principio il poveretto paga quello che deve alle scadenze pattuite. Col tempo però non riesce più a tenere il passo e la catena si allunga: per far fronte alle rate chiede altro denaro. A prestarlo i parenti dei primi creditori, anche mamme, mogli e amici lontani, tipo il ragioniere del carcere di Torino. Nel 2011 il giocatore tocca il fondo. Non riesce a rimborsare le rate, qualcuna salta, i creditori provano a incassare due assegni ma vanno in protesto. Puntuali arrivano anche le minacce degli usurai. I carabinieri del Nucleo operativo del capitano Raffaele Romano si mettono al lavoro e l'altra mattina la fine dell'incubo.